Nell’età dell’odio di Antonio Nicita

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Un saggio sulla libertà d'espressione e l'età dell'odio che contraddistingue la piazza virtuale

Tiziana Pasetti

Trama – Antonio Nicita insegna politica economica in un’università romana privata ed è membro della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. In questo saggio appena uscito affronta un tema importante, quello che vede il tecnopopulismo (neologismo dal 2018, così definito dal vocabolario Treccani : “In politica, combinazione di tecnocrazia, aggiornata dall’uso anche spregiudicato dei nuovi media, e populismo”) come strumento che riesce a manipolare la libertà d’espressione per minacciare le democrazie. La democrazia diviene vulnerabile se è inquinata dall’intolleranza, sottolinea l’autore per rafforzare il titolo e l’intenzione del saggio. I populismi, le nuove forme di nazionalismo e di propaganda della paura sono rappresentativi dei primi vent’anni del nuovo millennio e sembrano ricalcare l’inizio del secolo scorso, un inizio caratterizzato a livello mondiale da spinte intestine verso forme d’odio incontenibili. Quella della paura è la propaganda più efficace per la politica e la precisione algoritmica delle informazioni (vere, false o sfumate) online la sorregge e amplifica.

Un assaggio – Si è spezzata l’illusione di una globalizzazione prospera e pacifica, guidata dalle doti maieutiche dei mercati interconnessi. La visione ottimistica e lineare della «fine della storia» sembra essersi infranta nel rigurgito del nazionalismo aggressivo, della costruzione del nemico, delle espressioni d’odio come strumento del nuovo politicamente scorretto. La domanda che molti si pongono è quanto le democrazie liberali, necessariamente e «felicemente» fragili, siano resilienti rispetto a un contrasto politico sempre più polarizzato e sempre più nutrito di disinformazione, espressioni d’odio, rabbia, politicamente scorretto, secondo la ricetta tipica del cosiddetto «tecnopopulismo». La costruzione dell’opinione pubblica, l’apertura della sfera pubblica al confronto politico, il mercato delle idee, così essenziali al confronto democratico, possono davvero resistere alle bolle mediatiche autoreferenziali e a quella che Byung-chul Han ha chiamato «la scomparsa dell’altro»? E se così non è? Ne consegue che la difesa romantica – e distratta -dell’assoluto e intangibile dominio della libertà d’espressione finisca per scontrarsi con una sfera pubblica deformata, nella quale finiamo per ascoltare solo ciò che conferma i nostri pregiudizi: se non esiste più l’agorà pubblica, ma solo spazi privati di discussione e di ascolto in cui confermiamo le nostre convinzioni, che ne è del destino della libertà d’espressione, di quel rapporto tra libertà e verità di cui ci parlava John Stuart Mill? Il caos informativo e polarizzante di questo inizio secolo demolisce rapidamente l’antica convinzione che il mercato delle idee possa guarire da sé, facendo emergere, nel tempo, la verità. cacciando le idee false e, con esse, i pregiudizi e gli stereotipi.

Leggerlo perché – Da anni non si parla d’altro che di hate speech, utilizzando questo concetto in maniera impropria e strumentale. Tutto quello che ci offende, tutto quello che esce fuori dalla nostra zona di comfort viene inserito in quell’area di presunta minaccia e presunta offesa. Agiamo a livello pubblico (sul web tutti lo diventiamo) come vogliamo e se qualcuno osa criticare il nostro operato diventiamo rossi, ci aumenta il battito cardiaco, sudiamo, ci vergogniamo e corriamo dall’avvocato perché gli odiatori hanno scritto invece di ‘brava, eccezionale, strepitosa’ un imperdonabile e davvero fuori luogo ‘incompetente, inadeguata”. Ecco, leggere un saggio sull’argomento potrebbe farci capire qualcosa sulla democrazia espressiva, sulla portata reale della critica, sulla vera piaga del nostro tempo: è aumentata la grandezza della ‘piazza’, non è cresciuta di pari passo l’abilità di chi la vive/frequenta. L’odio è grave e grande, essere permalosi è solo ridicolo e infantile.

Antonio Nicita, Nell’età dell’odio, il Mulino

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