“Ci sono stati periodi nella mia vita in cui ho cercato di lasciarmi alle spalle Hailsham, quando mi sono detta che non dovevo più voltarmi indietro. Ma a un certo punto smisi di opporre resistenza. Avvenne con un donatore in particolare, durante il mio terzo anno come assistente; fu la sua reazione quando gli dissi che venivo da Hailsham. Era stato appena sottoposto alla sua terza donazione, non era andata bene, e doveva essere consapevole che non ce l’avrebbe fatta. Respirava a fatica, ma si era voltato verso di me e mi aveva detto: «Hailsham. Scommetto che doveva essere bellissimo». Poi la mattina seguente, mentre chiacchieravo per cercare di distrarlo un po’, gli chiesi dove fosse cresciuto lui; menzionò un certo posto nel Dorset e i tratti del suo viso, solcato da macchie e cicatrici, si piegarono in una smorfia inattesa. In quel momento mi resi conto quanto disperatamente desiderasse dimenticare. Al contrario, voleva sapere tutto di Hailsham. Così, per i cinque o sei giorni successivi gli raccontai qualunque cosa volesse sapere, mentre lui se ne stava lì sdraiato, immobile, collegato a una macchina, un sorriso gentile a illuminargli il volto. All’inizio pensavo fosse semplicemente l’effetto delle medicine, poi mi resi conto che la sua mente funzionava alla perfezione. Il fatto è che non soltanto voleva sentir parlare di Hailsham, voleva ricordare Hailsham, come se si trattasse della sua infanzia. Era consapevole di essere giunto alla fine del suo ciclo, ed era questo il suo desiderio: che gli parlassi di Hailsham, così che tutti quei particolari divenissero parte integrante di lui, così che durante quelle notti insonni, fatte di sedativi e di dolore e di spossatezza, la linea di confine trai i suoi e io miei ricordi si assottigliasse”.
Kathy H. ha 31 anni e da poco più di 11 assiste donatori. Comincia proprio con queste tre informazioni anagrafiche, nome età e professione, il romanzo del Premio Nobel per la Letteratura 2017 Kazuo Ishiguro (britannico di origini giapponesi). Un romanzo ucronico e distopico allo stesso tempo, ambientato in un presente alternativo e ‘degenerato’ che comincia in un collegio isolato dal resto del mondo, immerso nella sconfinata campagna inglese, quella caratterizzata dalle piogge costanti e dai colori che oscillano dai toni verdi tendenti ai grigi all’azzurro piombo. Ad Hailsham, questo il nome del luogo, incontriamo Kathy, Tommy e Ruth. I tre ragazzi non hanno genitori ma non sono neanche orfani esattamente come tutti gli altri ospiti del collegio e a prendersi cura di loro e della loro educazione – soprattutto artistica – ci sono i tutori. Il prodotto della loro fantasia, disegni e poesie, viene gelosamente custodito in una stanza, la Galleria, alla quale nessuno può accedere da Madame, una delle responsabili dell’Istituto. Hailsham, però, non è per sempre. Compiuti i 18 anni vengono trasferiti nei Cottages, strutture dove vivono per due anni in attesa di diventare ‘donatori’ o ‘assistenti’.
Non lasciarmi è uno dei romanzi che più mi hanno lasciato una ferita, una scossa, una lacrima per sempre. La grande eleganza di Ishiguro (conosciuto soprattutto per Quel che resta del giorno ci consegna una storia d’amicizia e d’amore tra ragazzi creati per rendere possibile la vita donando la propria. Ruth, Kathy e Tommy sono cloni e non avranno futuro, sono nati perfetti e sterili con il fine di donare da un minimo di due a un massimo di quattro organi alle persone nate in modo naturale. I ragazzi possono decidere se diventare subito donatori o se rimandare di un po’ l’inizio dei cicli svolgendo il ruolo di assistenti dei donatori.
Questa, descritta in modo nudo e veloce, la trama. Poi c’è il romanzo, però. E quello gronda delicatissima umanità e fragile tempo terreno, gronda infanzia gagliarda, gronda ricordi e addii consapevoli, nostalgie di futuri inimmaginabili custoditi nella certezza dell’amore.
Kazuo Ishiguro, Non lasciarmi, Einaudi
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