Ore perse di Caterina Saviane

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Un diario-romanzo che è prosa e poesia

di Tiziana Pasetti

Trama – Roma. Gli anni Settanta stanno per finire. Caterina ha sedici anni. A sedici anni la vita è come un romanzo on the road, è roba tosta, è roba indigesta, è roba che divori. Caterina è sola e piena di gente intorno. Caterina scrive perché a sedici anni è difficile trovare le parole per dire a voce. Caterina ama, Caterina detesta. Caterina guarda scorrere un tempo che sembra lentissimo e che poi, è un attimo, è già lontano, irrecuperabile: sembrava vuoto, è pieno. Le chitarre strimpellano accordi stonati, le sigarette muoiono di noia ai lati di bocche semichiuse. Caterina e i “Pellepersa”, lei e i suoi compagni, come li chiamava il padre Sergio (firma de L’Espresso), giovani già vecchi, scaduti anzitempo. Caterina e le ossa rotte, una fatica che pesa come piombo invisibile sulle ore. Caterina e la macchina da scrivere, ‘mostro sulla scrivania’ con il quale stringerà un patto, un patto diabolico, scrivere scrivere scrivere, scrivere per sfidare la più illusoria delle tentazioni: il presente, il giorno, l’ora, il minuto, la vita.

Un assaggio – Questo stupido pomeriggio di feroci ricordi si diverte ancora a girovagare con noi. Franco oggi è lupo silenzioso. Che se ne vada per la sua strada invece di ostinarsi a correre nella stessa direzione dell’autobus. Che sia finita una volta per tutte. Guardo la strada immobile che libera tremuli miraggi dell’aria. Il caldo schifoso ci invischia nella sua bava di lumaca, mi sento appiccicosa e tutto mi indispone verso il prossimo. Questi volti sono i miei contemporanei, questi volti annebbiati vivono lo stesso anno che vivo io. Anno disgraziato. La luce si scalda sull’asfalto e con questo cielo bianco mi sembra di dover morire come un gabbiano senza meta e senza ali. Franco, appoggiato a un sostegno, mi avverte di ogni sobbalzo dell’autobus con il suo corpo gelatinoso. Così. Abbandonato in un angolo, sembra uno straccio. «Senti, Franco» dico senza parlare: «Quanto tempo è passato dai tre mesi dell’ultima primavera? Forse anni, secoli». Sorrido per la strada e ringrazio gli amici, ti guardo le scarpe mentre sotto il sole di quaresima ti sento camminare accanto a me come un cagnetto fradicio di pioggia. La tua aria trasandata, affaticata anche appena sceso dal letto, i tuoi lunghi piedi che scarrozzano ai lati del tuo corpo, le gambe così sottili, da tisico, strette dentro pantaloni uguali ai miei, non belli ma bellissimi, d’occasione. E poi i tuoi capelli rosso tiziano, tu tanto più alto di me, tu che ami il vino come io odio la vita che amo tanto, tu che accompagni la tua tubercolosi alla chitarra con quella smorfia strana di quando fai tue musiche già inventate da altri. Mentre camminiamo lungo l’imbarazzo della vita, con gli occhi ci domandiamo un milione di cose che forse capiamo meglio, anzi troppo, senza parlare affatto.

Leggerlo perché – Non avevo mai sentito parlare di Caterina, mai. Un pomeriggio a Spazio Sette, libreria immensa in un vicolo stretto del centro di Roma, mi ritrovo in un gruppo di lettura. Tre persone – tutti gli altri spacciati tra scioperi e influenze – per parlare di Steinbeck, La Valle dell’Eden. Io per metà dormo, per metà dico cose assurde tipo ‘Steinbeck ha scritto Tenera è la notte’. Chiara, che del gruppo è il motore non immobile, mi fulmina e poi ‘per i prossimi incontri vorrei proporre Ore perse. Per farmi perdonare lo compro subito. Lo butto nel mucchio, appena arrivo a casa. Poi un giorno l’ho aperto. Caterina Saviane ha scritto a sedici anni questo diario/romanzo che è prosa e poesia impastate. Poi a 31 anni è morta: overdose. Ore perse, vivere a sedici anni lo pubblicò Feltrinelli. Poi è scomparso. Dio benedica le piccole, meravigliose, case editrici che portano con coraggio il peso della croce e che consentono così alla letteratura di risorgere. Romanzo – diario, poesia lunga, chiamatelo come volete – immenso.

Caterina Saviane, Ore perse, Rina Edizioni

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