Trama – Nel numero dedicato alla Palestina da The Passenger si alternano più firme per analizzare l’occupazione delle terre palestinesi da parte di Israele. C’è la storia di Raja Shehadeh che amava camminare tra le colline intorno a Ramallah prima che gli insediamenti israeliani limitassero il suo raggio d’azione; c’è Amira Hass che descrive in modo analitico lo spezzettamento della Palestina, le vessazioni quotidiane e i soprusi; Taiye Selasi si interroga sulla possibilità reale di relazioni sentimentali tra israeliani e palestinesi; Asma’ al-Atawna descrive gli aspetti patriarcali e soffocanti che l’hanno costretta a fuggire da Gaza; Elisabetta Bartuli ci introduce alla letteratura identitaria per un popolo senza stato. Poi la pulizia etnica a Gerusalemme, i campi profughi di Jenin, Hebron e la convivenza tutt’altro che pacifica e paritaria tra palestinesi e coloni, l’affollamento demografico ‘funzionale’ della Striscia di Gaza, la guerra silenziosa di Israele contro i suoi cittadini palestinesi, la cucina palestinese e l’appropriazione culinaria israeliana.
Un assaggio – Nel maggio 2021 divenne virale un video che mostrava Muna al-Kurd, una giovane donna palestinese di Sheikh Jarrah, un sobborgo di Gerusalemme Est, faccia a faccia con un colono che si era insediato nella sua casa di famiglia. Il colono occupava un’ala dello stabile costruito dagli Al-Kurd nel 2000, per il quale non era mai stata concessa l’abitabilità. Lo scontro avviene in giardino, Muna esclama: «Yacub, stai rubando la mia casa!» e il colono risponde: «Se non la rubo io, la ruberà qualcun altro.» Il colono si riferiva al fatto che l’occupazione della casa della famiglia Al-Kurd era stata facilitata dalla Nahalat Shimon International, un’organizzazione benefica e senza fini di lucro con sede negli Stati Uniti che dal 2009 ha concesso a un gruppo di coloni di occupare a rotazione quella proprietà. Nell’estate del 2011, gli Al-Kurd e altre sei famiglie palestinesi sono state minacciate di espulsione dalle loro case in seguito a un pronunciamento della Corte di giustizia israeliana, che li obbligava a liberare quegli spazi entro trenta giorni se volevano evitare uno sfratto forzato. È dal 1972 che gruppi di coloni hanno preso di mira 28 famiglie palestinesi del quartiere Karm al-Jaoni di Sheikh Jarrah, riuscendo a farne espellere quattro tra il 2008 e il 2009. In un quadro diffuso di espulsioni e trasferimenti forzati da tempo in atto a Gerusalemme, il video di Muna che affronta il colono è la manifestazione evidente, quasi palpabile, di un dolore che segna in profondità la vita dei palestinesi.
Leggerlo perché – Io consiglio a tutti di leggere questo numero monografico dedicato alla Palestina e smettere di informarsi da fonti disinformanti e strettamente politiche per poter aver un’idea meno aggrovigliata delle ragioni alla base del nuovo, ennesimo, conflitto tra Israele e Hamas. Il nostro blocco ci dice da che parte dobbiamo stare (per poter comunque essere sempre certi dell’aiuto eventuale degli Stati Uniti, senza il quale crolleremmo in meno di una settimana) ma la nostra testa, ancora libera, può fare qualcosa di più (anche se inutile): capire. Capire il peso di una Nakba (l’esodo palestinese del 1948 in seguito alla fondazione dello stato di Israele sul 78 per cento del territorio palestinese), di un dislocamento che è ancora in atto nella più intima e dolorosa delle forme: qualcuno prende il tuo posto in casa tua e sulla tua terra. Il nostro blocco è abituato a queste forme di colonizzazione e imperialismo, basta pensare ai nativi delle Americhe, ai paesi africani che abbiamo annullato – sterminando persone – per rubare materie prime in nome della nostra supremazia, dell’Illuminismo. Siamo abituati. E ci hanno abituato. La pace e la cattiveria, la colpa, sono costruzioni di parte. Sempre.
AA.VV., Palestina The Passenger, Iperborea
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