di Tiziana Pasetti
Trama – Sono quattro i racconti raccolti in questo libro che prende il nome dal più lungo, Parti e omicidi. Gli altri (Triade, Un matrimonio pulito, Ultimi momenti di vita), pur svincolati e autonomi in realtà completano la visione letteraria e creativa di “crazy Sayaca”. Siamo in Giappone, a Tokyo, in una società che ha rivisto le sue regole sociali mutando anche la natura alla base della riproduzione: i bambini non nascono più da relazioni d’amore, nascono nella maggior parte dei casi da ‘gestanti’. Tutte le femmine, all’arrivo del menarca, vengono dotate di un dispositivo anticoncezionale per non incorrere in gravidanze indesiderate. Chi vuole un bambino può prenotarlo e ritirarlo presso il Center, rifornito di vite nuove da chi sceglie di procreare per gli altri. Non solo le donne, anche gli uomini possono decidere di restare incinti grazie all’introduzione nell’addome di un utero artificiale. Chi sceglie di diventare gestante deve portare a termine dieci gravidanze. Quando l’ultimo nato sarà stato consegnato (non fanno numero gli aborti anche se spontanei e i bambini deceduti) al Center potrà essere inoltrata la domanda che consente l’eliminazione (l’omicidio) di una persona a scelta. Ikuko è nata dalla madre, in modo biologico. Sua sorella no, è stata prelevata al Center. E quando ha compiuto 17 anni ha scelto di diventare gestante. Sono passati quasi venti anni e sta per nascere il decimo bambino: chi ucciderà, subito dopo?
Un assaggio – All’epoca il Sistema dei parti e omicidi era entrato in vigore da meno di trent’anni. I bambini che nascevano grazie a quel metodo e venivano affidati al Center erano denominati “nuovi infanti”, e mia sorella era una di loro. Troppo impegnata con il lavoro, mia madre non aveva tempo per mettere al mondo una nuova vita e aveva preferito inoltrare richiesta all’ufficio competente per prelevare un bambino. E così era arrivata Tamaki. Prima dell’introduzione del sistema dei gestanti esisteva la maternità surrogata, che però era soggetta a severe restrizioni in moda da favorire il nuovo sistema, al punto che quasi non veniva più praticata. Poi, all’incirca tre anni dopo, mia madre mi aveva partorita ricorrendo all’inseminazione artificiale. Erano tempi in cui si credeva ancora nella trasmissione dei geni, nella maternità. In apparenza lei riservava il medesimo trattamento a me e mia sorella, eppure c’era qualcosa che le impediva di essere equa fino in fondo, qualcosa che creava una distanza tra lei e Tamaki. Mia madre mi abbracciava spesso e mi accarezzava le guance e i capelli, ma le sue mani non toccavano quasi mai mia sorella. «Sì, sì, è proprio così, c’è poco da fare. Con un bambino che hai portato dentro di te e partorito è diverso… È mille volte meglio prendersi una pausa dal lavoro e fare così, non ho dubbi». Lo sentii dire dalla viva voce di mia madre, mentre parlava al telefono con un’amica.
Leggerlo perché – La scrittura di Sayaka (Murata è il cognome) è molto interessante e veste alla perfezione i temi che affronta, temi che fanno spesso sgranare gli occhi per la crudezza delle immagini (non risparmia nulla, è eccezionale). Le procedure di vita per come le conosciamo, l’etica, il limite, la morale, sono ritagliati in modo nuovo e cuciti al contrario: uccidere diventa la cura per garantire un nuovo boom demografico, aprire la coppia una necessità per esprimere al meglio l’intimità, non fare sesso con i legittimi consorti l’assicurazione del successo matrimoniale. Se avete stomaco forte leggetela, vale la pena e davvero stimola riflessioni importanti.
Murata Sayaka, Parti e omicidi, e/o
Traduzione dal giapponese di Gianluca Coci
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