Trama – Yann è un giovanissimo studente al secondo anno preparatorio (in filosofia) del liceo Malherbe a Caen. Nell’appartamento che condivide con Christine e Bénédicte trova un libro, probabilmente appartenente a Christine. Le Petits Chevaux è il titolo. L’autrice si chiama Marguerite Duras. Da quel momento Yann non leggerà più altro se non tutto quello che Duras ha scritto, scrive. Duras. Duras diventa un suono ossessivo, la parola perfetta da ripetere in continuazione, la parola da scrivere e riscrivere. Nel 1975 al cinema Lux di Caen proiettano India song e Duras è presente per il dibattito. Yann porta con sé una copia di Détruire, dit-elle che spera di farsi firmare. Ottiene la firma e il suo indirizzo, “vorrei scrivervi”, aveva trovato il coraggio di dire. E per cinque anni Yann scrive. Tutti i giorni. Yann scrive senza mai ricevere risposta. Fino al 1980, quando Duras gli invia una copia di un libro, un libro che lo convince di meno, e non sa come dirglielo, smette di scriverle. Duras invia allora altri tre titoli e “perdo la ragione, amo fino a impazzire”. Il 29 luglio 1980 Yann prende un pullman per Trouville “venite, berremo qualcosa insieme”, gli ha detto Duras, al telefono. “Busso. Lei apre la porta. Sorride. Mi abbraccia. Sono qui. Con lei. Resto”. Yann resta fino a domenica 3 marzo 1996, giorno in cui Duras muore. In queste pagine l’uomo racconta Questo amore, Cet Amour-là.
Un assaggio – Adesso credo che il vero addio non sia stato quello del 29 febbraio, no, credo piuttosto che sia accaduto qualche giorno prima. Non so ancora che è l’ultima volta che la vostra mano mi accarezza in questo modo, che per l’ultima volta vengo toccato da voi con una tale violenza, fino a voler strappare via il viso, che scompaia insieme a voi, col vostro, nella bara dentro cui vi metteranno. Lo so da mesi che non durerà a lungo, la vita. E questa sera, questa carezza, in realtà è l’ultima. Non potevo saperlo. E voi, voi lo sapevate? È per caso un modo gentile di dire: andrà bene, non preoccupatevi, va bene, non è poi così grave morire. È per caso un modo per trattenermi, un modo d’amare un’ultima volta, un modo di farmi morire con voi. Non si sa. Solo voi potreste dirlo. Siete morta in questa domenica mattina intorno alle 8, al 5 di rue Saint-Benoit a Parigi, sul vostro letto. Questo letto in questa stanza dove avete scritto così tanto. Dove sono insieme a voi dall’estate 80. Questa stanza ormai scomparsa, distrutta, rifatta, ridipinta, con altra gente, altre storie, altre follie, altre vite, questa stanza dove non siamo più, né voi né io. Non ci siete. La stanza della scrittura è scomparsa. (ndr: per ragioni di spazio ho eliminato alcune frasi, alcune parole. Spero il gusto dell’assaggio non risulti alterato)
Leggerlo perché – Ci si potrebbe domandare cosa sia una passione (vera), una maledizione (più o meno), un’ossessione (sempre), un incanto (eh), una trascendenza (ah, la vertigine) quando raramente in una vita ti capita l’Amore (quello con la A di Apocalisse e Arte). Ma le domande, quando raramente in una vita ti capita l’Amore (e ti ritrovi tritato e fiorito tra passione, maledizione, ossessione, incanto e trascendenza), è meglio azzittirle. Di Yann e Marguerite tutti hanno scritto in molti sfruttando la categoria più superficiale e comoda: l’età. Principianti, dico io. L’Amore, quello con la A di Apocalisse e Arte, va cercato nei luoghi dell’inconcepibile, nei luoghi in carne e ossa, quelli dove la parola si scolpisce profonda, a colpi di battiti di cuore.
Yann Andréa, Questo amore, fve editori
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