“Moltissime relazioni sono basate sulla speranza che l’amore incondizionato da parte dell’altro possa, in qualche maniera magica, curare le nostre ferite e restituirci la nostra interezza. Anche se razionalmente sappiamo che è una fantasia, continuiamo – quantomeno inconsciamente – a nutrirla. Nel suo libro Progetto Eden. La problematica dell’investimento paradisiaco nelle relazioni di coppia e nel sociale, lo psicologo junghiano James Hollis scrive che «la grande falsa idea che guida l’umanità è la fantasia di un Altro Magico, l’idea che esista da qualche parte una persona perfetta per noi, che farà funzionare le nostre vite, un’anima gemella in grado di riparare le devastazioni della nostra storia personale; una persona che sarà lì per noi, capace di leggerci nella mente, che sa cosa vogliamo e soddisferà tutti i nostri bisogni più profondi; un buon genitore che ci proteggerà dalla sofferenza e, se siamo fortunati, ci risparmierà il pericoloso viaggio dell’individuazione». Da un lato la scoperta che l’Altro Magico di cui siamo sempre andati in cerca è un fantasma potrebbe essere una cocente delusione, ma dall’altro questa consapevolezza può portare grande sollievo. È ininfluente l’origine del nostro ideale immaginario: potremmo averlo ereditato dai libri, dalle canzoni, dai film o da personaggi della vita reale. Ma è essenziale portare la nostra idea sotto la luce della consapevolezza. Solo quando riusciamo a fare distinzione fra la realtà e la fantasia possiamo creare delle connessioni amorevoli e durature con gli altri, con umiltà e tenendo gli occhi spalancati”.
Non c’è nulla di più deludente dell’amore vero. Non c’è nulla che sia più lontano dall’idea di, dal desiderio di, dalla fame di. L’amore vero è come la giusta alimentazione: mette un po’ tristezza. L’amore vero è come fare movimento per i pigri: una condanna. L’amore vero non ha niente a che fare con un’altra persona soltanto, niente a che vedere con una dichiarazione indimenticabile, niente con un mazzo di 3000 rose, niente con un giuramento fatto accanto ad un altare. L’amore vero fa bene ma per sentirne gli effetti – è silenzioso, è leggero – bisogna essere pronti a mettersi in ascolto delle note giuste.
Sharon Salzberg è cofondatrice della Insight Meditation Society di Barre, Massachusetts, conosciuta da tutti gli appassionati di mindfulness per l’approccio pratico (non dimentichiamo che negli Stati Uniti la teoria è prassi, pragmatica, e non narrazione astratta) dei suoi insegnamenti basati su un approccio laico e moderno del pensiero buddhista. Il saggio che vi consiglio è appena uscito e mi sembra un ottimo modo per prepararsi alla festa più amata e odiata dell’anno, San Valentino. Come coltivare l’amore in tutte le sue forme attraverso la mindfulness, recita il sottotitolo in copertina. E l’obiettivo dell’autrice è quello di accompagnare attraverso un percorso corposo di fitness emotivo (scatti in velocità della messa in opera dei desideri, stretching dei sogni compressi, salto in alto oltre ostacoli che possiamo tranquillamente far cadere: l’importante è passare oltre, cadere bene) quanti abbiano un pensiero stupendo: il desiderio di essere più felici, meno costretti all’interno di eredità famigliari e sociali fatali, meno piegati ad arte dai macchinari industriali delle fabbriche culturali.
Al di là del cliché, al di là delle storie che raccontiamo a noi stessi. Si parte da qui. Si procede coltivando la curiosità, lo stupore. E lasciando andare (cose, parti di noi e persone). E, che non vuol dire ‘vincere’ (cose, parti di noi o persone), guarendo da tutte quelle scoliosi dell’anima che comprimono e deformano il nostro muscolo più generoso.
Sharon Salzberg, Real love, Hoepl
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