Trama – Dušan Veličković è stato un giornalista, editore, scrittore e film-maker di nazionalità prima jugoslava e poi serba. Morto a inizio 2023 a Belgrado dopo aver vissuto a Vienna, Parigi e Londra per cause di forza maggiore legate al suo dissenso nei confronti del regime di Milošević è riconosciuto come una delle voci più coraggiose dell’élite intellettuale serba. Serbia hardcore è una raccolta curata dallo stesso autore di pensieri e narrazioni personali legate al periodo della guerra dei Balcani. Come si vive in una città, in un abbozzo di nuova nazione con mire espansionistiche che per il resto del mondo è ‘il nemico’, ‘il cattivo’, come si vive nella città che ha ucciso e che adesso è presa di mira, bombardata dalla NATO, giudicata da un tribunale internazionale, condannata? Nascere dalla parte sbagliata della storia trascina nel fango non tanto le Menti che al crimine hanno dato il la quanto il popolo, i cittadini, coloro che alla guerra hanno sempre opposto un fermo no.
Un assaggio – Noto fatti paradossali. Da quando sono cominciati i bombardamenti, ho bisogno di meno ore di sonno. Dapprima ho pensato fosse una normale insonnia dovuta all’inquietudine e all’ansia. Poi ho capito che avevo semplicemente bisogno di meno sonno. Constato che la mia inquietudine è stata sostituita da un’acquiescenza fatalista. Quando una forza invincibile prende il tuo destino nelle sue mani, è inevitabile che ci sia una trasformazione dentro di te. Qualcun altro veglia sulla tua sorte; se sarà tragica o fortunata, non sei tu a stabilirlo. Liberarsi dell’assillo di dover badare al proprio destino è un privilegio raro. I condannati a morte lo sanno bene. (…) Su Belgrado sono stati scritti molti libri e articoli. Come accade per altre città, anche di Belgrado si scrive spesso come se fosse un essere vivente, un grande organismo che respira, pensa e ricorda. A Belgrado, come alle altre città, vengono attribuite le virtù dei grandi uomini: Belgrado ha un’anima libertaria, Belgrado ha coraggio, Belgrado ha caparbietà e un suo proprio destino, ha una vita diversa da quella delle altre grandi città della ex Jugoslavia, sa apprezzare di più e meglio l’indipendenza e la libertà. Il patetismo e lo slancio patriottico di simili descrizioni non mi toccano.
Leggerlo perché – Non ho mai nutrito simpatia per la Serbia. Il mio giudizio severo, di condanna, l’ho sempre allargato a tutto e tutti. Da qualche tempo, grazie alla conoscenza diretta con uomini e donne di nazionalità serba, ho avuto l’occasione di rivedere il mio totalitarismo. Molti uomini, molte donne, non hanno condiviso l’odio assassino. Molti uomini e molte donne serbe si sono opposti, hanno preso posizione, hanno combattuto con coraggio (molti non solo a parole) non contro la loro patria ma contro la sua mistificazione, la sua degenerazione. In questi giorni la Serbia è tornata ad occupare i titoli dei nostri giornali: la questione Kosovo non è mai stata risolta. La violenza non è placata. Leggere Veličković (la lettura è scorrevole, gradevolissima nonostante il tema forte, si riesce anche a ridere grazie alla rinomata ironia balcanica) può aiutarci a non cadere nel giudizio e nelle analisi banali. “Una sera, ascoltando l’inviato della BBC raccontare quante persone in un villaggio sono state uccise dai serbi, mio figlio si alza in piedi ed esclama con rabbia: «Perché continuano a dire che l’hanno fatto i serbi? Se la polizia serba ha ucciso qualcuno, se i paramilitari serbi hanno ucciso qualcuno, o se una persona con nome e cognome serbo ha ucciso qualcuno, perché non lo si dice chiaramente? Perché continuano a ripetere che l’hanno fatto ‘i serbi’? Anch’io sono serbo, ma non ho ucciso nessuno, e non ucciderò mai nessuno».
Dušan Veličković, Serbia hardcore, besa muci
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