Storia della pioggia di Niall Williams

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Un libro che è un'iniziazione alla letteratura e alla vita

Più viveva in questo mondo, più mio padre si convinceva che ce ne fosse un altro a venire. Non che per lui il mondo non si potesse salvare, anche se credo che lo pensasse nei momenti cupi; piuttosto immaginava che ce ne sarebbe stato uno migliore, dove Dio aveva corretto i propri errori e gli uomini e le donne vivevano la seconda stesura della Creazione, liberi dal dolore. (…) Io sono Ruth Swain, quella bruttina. (…) Questa è la storia di mio padre. La scrivo per ritrovarlo. Ma devi camminare a ritroso se vuoi arrivare alla meta. Funziona così in Irlanda, e anche in T.S. Eliot. (…) Io ho già divorato tutto Dickens, da Pickwick a Drood. Potrei dirvi per quale motivo Charles Dickens è il più grande romanziere che ci sia mai stato e che mai ci sarà, e perché ogni romanziere venuto in seguito sia in debito con Grandi speranze. Ho letto tutti gli autori usuali, Austen, Brontë, Eliot, Hardy, ma Dickens è come un paese meraviglioso dove le persone sono più brillanti e vivaci, più comiche e più tragiche e in loro compagnia senti che il mondo è più ricco e fantastico di quanto immaginavi. Ora però sto leggendo RLS, il mio nuovo favorito. Mi piacciono gli scrittori che erano malati. Sono felice che il primo libro di mio padre sia stato L’isola del tesoro, un Regent Classic con la copertina rossa di cartone (libro numero 1) e la dicitura Highfield School, Primo Premio, stampigliata sul risguardo. Amo Robert Louis Stevenson perché ha detto che si è felici quando ci si dimentica di sé, perché viaggiava con la fantasia in cerca d’avventura pur giacendo a letto nello stadio iniziale della consunzione. Lo amo perché si definiva un naufrago sulla terraferma”.

Era su una mensola da sei anni, appoggiato lì, in attesa del suo momento. Non era neanche rientrato nella lista dei libri che mi hanno seguita nel mio ultimo trasloco parziale. Non ricordo il momento in cui l’ho comprato, non ricordo nulla. Però quando una settimana fa sono tornata in questa casa all’ombra del Gran Sasso, in qualche modo, mi è capitato tra le mani. L’ho aperto, svogliatamente, per dare uno sguardo. E sono rimasta piantata in mezzo al corridoio che porta alle stanze da letto, quello con la libreria che sembra un serpente o un’onda che attraversa tutta la parete, per non so quanto. E poi mi sono seduta come amo sedermi io, a terra, sul marmo freddo. E poi mi sono fatta trasportare da Ruth, Ruth quella bruttina, in una storia che non dimenticherò mai.

Ruth ha diciannove anni e, un giorno, mentre era al college, è svenuta. Costretta in un letto per molto tempo, accompagnata dal suono della pioggia sul tetto della mansarda, Ruth dialoga con un mondo che conosce bene, eredità di suo nonno e di suo padre: il mondo incastrato nelle pagine dei libri, il mondo liberato dagli occhi di chi legge. Tutti i grandi classici in lingua inglese del diciannovesimo secolo si incontrano in quella mansarda, al riparo dalla pioggia. E si incontrano non solo le storie ma gli aneddoti legati a chi quelle storie le ha immaginate e scolpite in parole, si incontrano le stratificazioni delle letture famigliari, un tesoro che acquisisce valore con il tempo. In quella mansarda magica, nel suo letto che ricorda quasi una barca, Ruth troverà qualcosa di incompiuto, opera di Virgil, suo padre, pescatore e poeta, e capirà che non c’è condizione al mondo che non sia una chiamata, una parte di un disegno da completare. Non c’è malattia, non c’è solitudine, non c’è attesa che non sia Vita.

Non voglio dirvi di più. Dico solo che ogni pagina è un vero, delicatissimo e penetrante, incanto.

Niall Williams, Storia della pioggia, Neri Pozza

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