di Tiziana Pasetti
Trama – Ted Bundy era un figlio affettuoso, un nipote che adorava i nonni, un ragazzo timido e rispettoso, un bravo studente, un ottimo amico, un volontario convinto e assiduo nel prestare assistenza ai bisognosi, studioso di giurisprudenza e avviato a diventare un brillante avvocato. Ted Bundy è stato un feroce serial killer, ha ucciso donne, ragazze, bambini. Ted Bundy aveva un’amica, Ann. È proprio Ann, scrittrice e giornalista, a raccontare in questo true crime Ted, la loro amicizia, quanto sia stato difficile credere che il suo amico, la persona più mite e gentile che avesse mai conosciuto, fosse in realtà un demonio travestito da angelo. Bundy fu giustiziato sulla sedia elettrica alle 7:15 del 24 gennaio 1989 dopo essere stato catturato definitivamente – era riuscito ad evadere due volte – il 1 agosto 1979. A suo carico vennero accertati venti omicidi ma si sospetta che ne abbia compiuti altrettanti. Polly Nelson, avvocato del suo team legale, dopo l’esecuzione disse: «Il mio cliente incarnava il concetto stesso di malvagio senza cuore».
Un assaggio – Avendo una personalità antisociale non poteva avere sensi di colpa. Aveva semplicemente preso quello che voleva, quello che gli serviva per sentirsi completo. Era incapace di comprendere che non si possono soddisfare i propri desideri a spese degli altri. Quando Ted protestò, nel corso degli anni, per il trattamento ricevuto in prigione, per i tribunali, i giudici, gli avvocati dell’accusa, la polizia, la stampa non era consapevole dell’esistenza di un altro aspetto della questione. Il suo ragionamento era semplicistico, ma a lui pareva sensato. Quello che Ted voleva, doveva procurarselo: era questo il punto debole della sua intelligenza superiore. Quando piangeva, lo faceva solo per se stesso, ma le sue lacrime erano autentiche. Era davvero disperato, impaurito, arrabbiato, e credeva di avere ragione. Convincerlo del contrario sarebbe stato come cercare di spiegare la teoria della relatività a un bambino dell’asilo. I meccanismi necessari per capire i bisogni e i diritti degli altri non facevano parte dei meccanismi del suo pensiero. La personalità antisociale non rivela i disturbi del pensiero più facilmente individuabili: sono pochi i segni d’ansia, di fobia o di delirio. In pratica, si tratta di un robot emotivo che si è autoprogrammato per reagire nel modo che la società si aspetta. E poiché tale autoprogrammazione è spesso eseguita abilmente, tale personalità è assai difficile da smascherare. Ed è impossibile da curare.
Leggerlo perché – “Le persone con disturbo antisociale di personalità” – si legge nel manuale di diagnosi e terapia Merck MSD, il più utilizzato nel mondo – “commettono atti illeciti, fraudolenti, tendenti allo sfruttamento e sconsiderati per profitto personale o per piacere e senza rimorsi; esse possono effettuare le seguenti azioni: giustificare o razionalizzare il loro comportamento, colpevolizzare la vittima per essere sciocca o incapace, essere indifferenti allo sfruttamento e alle loro azioni nocive sugli altri”. Ann aveva un amico meraviglioso. Molte donne hanno avuto all’inizio un amico, un amante, un possibile amore per sempre, meraviglioso. Occhi dolcissimi, attento, mani di seta. Un assassino spietato. O meglio, un assassino e basta: per Ted le vittime erano strumenti per raggiungere il suo obiettivo, dal piacere alla realizzazione del sé totalizzante. Ci sono molti uomini così. Moltissimi. Facciamo attenzione. Possono non arrivare ad uccidere il nostro corpo ma possono con precisione chirurgica annientare la nostra anima. Facciamo attenzione: sono maschere, dentro hanno il vuoto.
Ann Rule, Un estraneo al mio fianco, Tea
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