Quando parliamo di giustizia, vengono subito in mente i casi più eclatanti. Quelli seguiti con passione che, quando arrivano al verdetto finale, ci fanno tirare un sospiro di sollievo o sbuffare di malumore. Ne cito solo due, che forse ricordiamo tutti: la condanna a 20 anni per Luca Varani, per avere sfigurato con l’acido l’ex fidanzata, Lucia Annibali (classico caso da: «Meno male, la giustizia esiste!»). E l’assoluzione finale di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher, decisa dalla Corte di Cassazione, dopo che i due erano stati condannati, poi assolti, poi nuovamente condannati (classico caso da: «Ma come funziona la giustizia?»).
Il fatto è che, spesso, il desiderio emotivo di sapere che il colpevole è stato individuato e condannato si scontra con le mille cautele e attenzioni indispensabili quando si tratta di valutare una situazione in tutti i dettagli, soppesare diverse ipotesi, decidere della responsabilità dei singoli. Quando si guardano le cose da vicino, analizzandole minuziosamente come devono fare i magistrati, non si può essere sbrigativi né approssimativi. E, si tratti di un omicidio o di un divorzio, di una contesa per l’affidamento dei figli o di un caso di malasanità, la sentenza finale spesso coglie di sorpresa.
Ecco perché leggo con curiosità e passione, tutte le settimane, il nostro reality Sentenza finale. Perché ogni volta si tratta di un caso realmente accaduto (anche se naturalmente i protagonisti non sono riconoscibili), che viene ricostruito dall’avvocato competente, e che permette di entrare in un’aula di tribunale in punta di piedi. Ma assistendo a ogni passaggio e scoprendo quali e quante tappe sono necessarie, ogni volta, per arrivare a una soluzione.
Prendiamo il caso del n 22. Si parla di mobbing sul lavoro, che già è un argomento delicato. Come si fa a dimostrare che qualcuno viene davvero perseguitato all’interno di un’azienda? E chi può provare che, dal mobbing e non da altro, deriva uno stato di esaurimento? E quali colleghi possono avere il coraggio di testimoniare a favore? Eppure, nel caso che raccontiamo questa settimana, un’operaia mobbizzata trascina il suo datore di lavoro, un piccolo imprenditore, davanti al giudice. E qui assistiamo a un finale da telefilm americano, con uno straordinario trionfo della giustizia sull’arroganza e sulla prepotenza. Non vi dico altro, perché spero che andiate a leggerlo.
Poi, ci dite che cosa ne pensate di questo reality?
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