Un’amica mi dice che ho parlato troppo delle cattiverie degli artisti maschi verso le loro moglie e amanti, e che non è una regola, perché ci sono anche amori bellissimi, come quello fra Robert e Clara Schumann.
È vero, non è un dogma, e ci sono esempi di virtù, anche nei contemporanei: un grande scrittore come Antonio Pennacchi, autore di Canale Mussolini, da 40 anni ama e onora sua moglie Ivana, compagna in tutto: abitano nella casa che, quando erano due giovani operai, si costruirono con le loro mani, mattone per mattone. Ma stando alle biografie, questi amori esemplari sono eccezioni.
Di artisti mostruosi in amore ce n’è una bella lista, e mi limiterò a citarne qualcuno. Ingmar Bergman, uno dei più grandi registi del mondo, si innamorava spesso, le metteva incinte tutte, e ne sposava qualcuna. Cinque matrimoni e nove figli. Oltre ai tormenti della gelosia cui le condannava, non lo faceva certo apposta, ma non portava bene alle sue donne, che spesso morivano dopo l’abbandono.
La luce sull’acqua, di Linn Ullman, figlia dell’attrice Liv Ullman, una delle mogli di Bergman, disegna questo distruttore di donne e di figli in un libro crudele. L’elemento che torna sempre, come in Picasso, come in Rodin, è la sindrome dell’artista che crede di essere dio, e domina e fa soffrire chi lo ama.
Quanto a uno dei più famosi poeti inglesi, Percy Bhysse Shelley, anche lui ha un curriculum degno di nota. Seduce quella che poi sarà sua moglie, Mary, e le sue due sorelle, di cui una si suicida (ma si suicidò anche la sua prima moglie). Il divino poeta agisce con un andamento seriale e monotono: si innamora, elegge la donna a dèa, la loda nei versi come l’unica che a lui par donna, le fa fare un figlio, si stufa, ne trova un’altra… Dopo avere sposato Mary, compirà le sue seduzioni sotto gli occhi della moglie, che è diventata sua complice (Mary era un genio, era l’autrice di Frenkenstein).
La carriera di seduttore di Shelley venne interrotta, perché morì in mare all’età di 30 anni. Ho raccontato due casi fra tanti, risparmiandovi Diego Rivera e Frida Khalo, e soprattutto il grande Tolstoj, che per 27 anni amò platonicamente il suo segretario, e sublimava il sesso non consumato umiliando a morte la moglie, e alla fine scappò di casa a 82 anni, nell’inverno russo, per morire fra le braccia del suo non-amante…
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