Chi ha la fortuna di trovarsi a Milano il 21 ottobre potrà avere una rara esperienza, andare a vedere Blume (in tedesco, Bocciolo), al teatro Franco Parenti, un’avventura umana sotto forma di spettacolo. Gli attori sono ragazzi e ragazze che hanno in comune percorsi difficili fra i più disparati. Questo evento è lo spettacolo finale del progetto In verdis, curato da Barbara Altissimo e Liberamenteunico, che hanno messo insieme giovani sotto i 30 anni, accomunati dall’aver vissuto l’emarginazione per ragioni diverse. Dice Barbara Altissimo:
Non ho voluto lavorare solo con i disabili fisici, abbiamo riunito ragazzi con disabilità materiali e psichiche, come vittime di bullismo affidati a cooperative, o ragazzi africani scappati da guerre e povertà. Un gruppo fluido, che ha saputo diventare un gruppo solidale, andando oltre la differenza, anche se sono fragili come vasi di cristallo. E hanno vissuto come un’avventura, attraverso il teatro, la conoscenza reciproca.
Ognuno di loro è una storia che varrebbe un romanzo. Daniele, autistico, stava rannicchiato su se stesso e non voleva rapporti con nessuno. Poi è arrivata Michela, una ragazza down, e lui è come resuscitato, per stare con lei ha cominciato a partecipare, ad appassionarsi, ad interessarsi anche agli altri. Si è scoperto un talento teatrale che non avrebbe mai sospettato di avere, e in esso trova una dilettevole nuova maniera di essere al mondo. Ora “interpreta se stesso”, ovvero crea, non si fa dominare dalla paura, ora è lui che la domina.
Il più giovane è Giò. Italiano, soffriva di depressione, era stonato dagli psicofarmaci. Era scettico sull’esperimento, ma poi ci è entrato dentro, e ha scoperto di possedere la più grande arma contro la depressione: l’ironia. E tutto è cambiato.
E c’è Loveth, un miracolo di volontà e coraggio. Arriva coi barconi dalla Nigeria, sola, lasciando la famiglia, dopo torture e tormenti che noi, nelle nostre case protette non possiamo forse immaginare. Come la permanenza in un campo di detenzione in Libia. Eccola finalmente in Italia, decisa a non sprecare la sua occasione. Studia come una matta, e lavora, lavora, ora gestisce una gelateria. E poi la bella Sanah, dal Marocco. Dopo dure prove eccola con la famiglia in Italia. Tutti e tre salvi, insieme. Ma c’è il nemico in casa. Il padre è l’archetipo del maschilista assoluto. Quando Sanah aveva 10 anni ha buttato un secchio d’acqua bollente in faccia a sua madre. Qui l’uomo sente minacciato il suo ruolo di assoluto comando, con moglie e figlia è un tiranno spietato. Ma Sanah respira la libertà, ha il senso di inviolabilità della sua persona, finché lei e la madre si ribellano, e hanno hanno il coraggio di denunciare il padre.
Sanah vince la paura e vive la sua nuova vita di donna libera. Regalandoci uno dei momenti più belli dello spettacolo.
Ma la via vita papà tu non me la rubi,
il mio viso, i miei capelli, le mani, sono mie e sono preziose.
Tu papà, dentro di me, non ci sei e non ci sarai mai più.
Per la mia vita, per la mia mamma.
Questi ragazzi non ci invitano a teatro, ci invitano alla loro resurrezione. E la resurrezione è sempre contagiosa.
Ultimi commenti