“Cerchi che si allargano…uno, due, tre, infiniti, a contarli.
Lo prendono in giro, in questura, perché Carella fa sempre molto sul serio. Quando gli altri vogliono andare a mangiare Carella continua a lavorare, quando è ora di andare a casa lui è lì, se c’è da muoversi alle cinque del mattino lui si muove, Carella non dorme, Carella non mangia, Carella se ne fotte dell’encomio e della promozione. Come aveva detto una volta un collega, «Carella cerca ogni balordo come se gli avesse scopato la fidanzata», un commento cretino, ma aveva attecchito, anche se Carella la fidanzata non ce l’ha. Gregori gli ha detto più volte che farne una cosa personale non è un atteggiamento sano, e a volte può persino incasinare le indagini. Ghezzi capisce, invece, sa che c’è una linea da non superare, ma un passo…due passi…cosa vuoi che sia? E ora Carella ha superato quella linea di qualche decina di metri, non sa nemmeno se Ghezzi potrebbe o vorrebbe venire a prenderlo. Quindi in più questa volta c’è solo una cosa, si dice Carella nel chiaroscuro dei marciapiedi di quella zona che non conosce: questa volta è personale davvero.
Ora è risalito in macchina e ha guidato lento per l’hinterland nord. Cusano, poi Bresso, Cormano, Cinisello. Si è fermato a mangiare una pizza, ha ricominciato a girare senza meta, passando ogni tanto da via Ginestra, guardandosi in giro, come di pattuglia, ma con la macchina dei cattivi”.
Anche i protagonisti, quando sono intelligenti, ogni tanto si siedono in disparte. Accade a Carlo Monterossi, nell’ultimo poliziesco di Robecchi: il salotto lo conosciamo, conosciamo la sua cucina, conosciamo la Milano sulla quale è stato edificato il suo appartamento, “quelle latitudini di reddito, i mobili lucidi, le buone letture, il parquet antico, le idee ragionevoli e progressiste indossate come giacche comode”. Carlo si siede nello studio piccolo con il sovrintendente di polizia Tarcisio Ghezzi, dopo pranzo, le donne, Rosa e Bianca, sono rimaste a tavola, a chiacchierare. Ghezzi ha una storia da raccontare, una storia di quelle che nascono per strada, finiscono male, ci scappa il morto, si finisce in galera. Ma non basta. Non basta mai: ogni storia ha un contatto, due, forse infiniti. E ogni storia che finisce male, che ha un colore rosso come quello del sangue, forse può avere una parvenza di fine ma di certo ha una bella manciata di inizi.
Anche Ghezzi è stato giovane, non ha sempre avuto quasi sessant’anni. E un giorno, quando era giovane, ebbe fra le mani un caso. E conobbe una donna. Erano altri tempi: si poteva resistere, allora. Ma non dimenticare. Franca, Tarcisio, non l’ha mai dimenticata. E Franca è tornata, ha bisogno di lui.
Allora. La trama che Carlo deve ascoltare, seduto nel piccolo studio, mentre Rosa e Bianca sono al cinema, è complessa, Ghezzi deve raccontare il suo e poi, anche se tutto si intreccia, ci sono i fatti che hanno coinvolto Carella. Anche lui aveva un conto in sospeso. E Ghezzi non è rimasto a guardare.
Robecchi è bravo. E anche coraggioso. Ho comprato il libro senza sapere che non avrei trovato Carlo. Quando ho letto la trama mi sono innervosita. Adesso voglio altri cento libri. E li voglio tutti con Carella protagonista.
Dello stesso autore, in questa rubrica: https://www.confidenze.com/mondo/di-rabbia-e-di-vento-di-alessandro-robecchi/
Alessandro Robecchi, I cerchi nell’acqua, Sellerio
Ultimi commenti