Siamo ancora capaci di relazionarci con gli altri senza l’aiuto e il filtro dello smartphone e di un messaggino?
Internet ha profondamente cambiato il nostro modo di stare con le persone, creandoci un universo parallelo virtuale che è sempre più intrecciato con la nostra vita reale, tanto che è difficile capire dove finisce uno e inizia l’altro, in questa costante osmosi.
Una conversazione iniziata su Facebook può continuare con un WhatsApp e magari concludersi davanti a un aperitivo. Gli amori nati e consumati su una chat nel giro di una sera non fanno più notizia così come neppure quelli paracadutati dal web su un altare.
Ma qual è il momento della relazione dove Internet ha maggiore impatto? Sicuramente la fase dell’incontro e della conoscenza. Se una volta c’era la discoteca o la festa come potenziale luogo di incontro o per i più intellettuali una mostra d’arte o un vernissage, oggi basta andare su una delle tante app dedicate agli incontri on line e nell’arco di mezz’ora scopri chi è portata di geolocalizzazione, evitando così anche la perdita di tempo di attraversare la città con la macchina o peggio di organizzare faticose trasferte fuori porta.
E se la foto del profilo non mente e non risale a vent’anni prima, rivedersi e ritrovarsi non è certo un problema: basta cercarsi su Instagram, Facebook, inviare una richiesta di amicizia e quando in cambio ricevi un like o magari un cuoricino, puoi star certo che un primo appuntamento ci scappa.
Vuoi mettere con i minuetti delle telefonate di quando eravamo ragazzini noi (chiamo io, non è meglio aspettare che chiami lui, ma se esco e non mi trova…) e via dicendo?
Oggi è tutto più diretto nella comunicazione sentimentale e oserei dire anche troppo. In un certo senso si è perso il tempo dell’attesa e dei sospiri, quello stato mentale ed emotivo che ti proietta già in un’altra dimensione, pur tenendoti ancorato a un presente, fatto di sogni, aspettative e batticuore. Snapchat, una delle applicazioni più utilizzate dagli adolescenti richiede che le risposte ai messaggi vengano date nelle 24 ore. Le stories restano on line solo per 48 ore e poi vengono cancellate, c’è un consumo istantaneo di relazioni o presunte tali che fa davvero paura. Tutto è velocizzato, anche la scoperta dell’altro, del suo corpo, è anticipata da foto e video. Arrivi al primo appuntamento e sai già tutto di lui o di lei dalle foto di Instagram.
L’aspetto più sconcertante è che ciascuno di noi è sempre più dipendente da questi media nel relazionarsi con gli altri. Se dimentichi il cellulare a casa ti senti in crisi di astinenza per tutto il giorno, incapace di ricordarti un numero di telefono a memoria, persino quello dei tuoi cari, se mandi un messaggio con WhatsApp e non vedi la spunta blu di lettura entro mezz’ora, già ti interroghi sul perché.
L’esercito di emoticons e faccine ci viene in aiuto nelle situazioni più disparate, sostituendosi alle parole, così che le nostre relazioni sono sempre più mute, sempre più basate su simboli e meno su uno scambio reale di sensazioni ed emozioni.
Mi è sembrato pertanto singolare l’esperimento sociale descritto nella storia vera La sconnessa raccolta da Tiziana Pasetti che trovate su questo numero di Confidenze. È un invito a riprendersi i tempi morti dell’attesa, gli spazi vuoti tra un incontro e un altro, e anche a ritornare a un registro di comunicazione primordiale dove il mezzo è sempre la parola scritta, ma i tempi non solo le frazioni di secondo che impiega un bit a passare. E le relazioni sentimentali non vengono divorate dalla tecnologia.
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