di Valeria Camagni con la consulenza della prof. Maria Luisa Brandi *
L’osteoporosi è una delle malattie dell’invecchiamento più diffuse e, purtroppo, colpisce spesso le donne con l’arrivo della menopausa (dopo i 50 anni, una donna su tre e un uomo su cinque è destinato a subire una frattura da fragilità). Nonostante in Italia ne soffrano più di 4 milioni di persone di cui il 79,8 % donne, su questa patologia esiste poca prevenzione. Spesso la si scopre quando ormai è conclamata, cioè nel momento in cui compaiono fratture da fragilità, provocate da movimenti minimi, colpi di tosse o leggerissimi traumi (le più comuni sono alle vertebre, al polso, all’anca e al femore).
Anche per questo il 20 ottobre è stata istituita la Giornata mondiale dell’osteoporosi, come momento di sensibilizzazione sull’importanza della prevenzione primaria e della diagnosi precoce.
E proprio per la prevenzione, a ogni fascia di età, si batte da anni Maria Luisa Brandi, Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università di Firenze e presidente di Firmo (Fondazione Italiana di Ricerca sulle Malattie dell’Osso). Le abbiamo chiesto in che cosa consiste l’osteoporosi, come si può curare e soprattutto come prevenirla.
«L’osteoporosi è una riduzione della resistenza dell’osso a reggere il nostro corpo, o a far fronte a traumi banali come una torsione violenta. L’osso si altera nella sua componente minerale riducendo la massa ossea sia a livello quantitativo (alterazione quantitativa ossea) che qualitativo. La conseguenza è un aumento della fragilità e un maggior rischio di fratture spontanee a seguito di traumi di minima entità. Per dare un’immagine efficace, è come avere una sedia con tre gambe che sta in piedi, ma al minimo urto cade per terra» spiega la prof.ssa Brandi.
Le cause della patologia
«La causa primaria è l’invecchiamento, Si parla di patologia involutiva in quanto si manifesta da vecchi, con la riduzione del patrimonio osseo, e per le donne in menopausa con il venir meno degli estrogeni. In questo caso si parla di osteoporosi primitiva» spiega l’esperta.
Ma esiste anche una forma secondaria che è conseguenza di altre malattie: «In presenza di forme reumatiche, per esempio, c’è un aumento della riduzione della densità ossea, così come l’uso del cortisonico riduce la componente ossea. Lo stesso capita nelle malattie paratiroidee e in alcune forme metastatiche di tumore. Conoscere la causa ci aiuta sicuramente a curare la malattia».
Poi c’è anche un fattore cosiddetto ereditario che non va sottovalutato: dai nostri nonni e genitori noi non ereditiamo solo il colore degli occhi e dei capelli ma anche lo scheletro e le sue proprietà quindi gli aspetti qualitativi dell’osso. «Erroneamente si crede che questa patologia colpisca solo le donne e in età avanzata, ma anche gli uomini ne sono interessati, e spesso i sintomi possono comparire già prima della vecchiaia».
I campanelli d’allarme
Tra i sintomi spesso sottovalutati ci sono, per esempio, microfratture a livello vertebrale, che anche se danno dolore non vengono diagnosticate. «Bisogna stare attenti ai dolori improvvisi alla schiena, che compaiono la mattina quando si è ancora letto o ci si è appena alzati» avverte Brandi. «Questo è un tipo di dolore causato dal non uso dell’osso: l’immobilità porta a un’alterazione dell’osso e quindi questo dolore mattutino può essere spia dell’osteoporosi. Un altro segnale è la cifosi, quando la schiena si curva e non capiamo perché. In assenza di scoliosi questo è il tipico segno di una riduzione della densità ossea. Anche una riduzione della statura superiore ai 4 cm all’anno deve metterci in allarme, perché potrebbe essere indice di una frattura alle vertebre. Sarebbe buona abitudine da adulti misurare la propria altezza ogni anno, cosa che raramente viene fatta» conclude l’esperta.
L’esame della densità ossea
L’esame necessario per capire se si soffre di osteoporosi è la Moc, acronimo di Mineralometria ossea computerizzata e comunemente detto densitometria ossea. Si tratta di un test radiologico che permette di misurare la densità minerale dell’osso e che può essere eseguito a livello del femore, della colonna vertebrale o di tutto il corpo. Solitamente viene prescritto alle donne dopo l’arrivo della menopausa. Al momento la Moc rientra nei livelli essenziali di prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale a partire dai 65 anni di età, ma può essere richiesta anche prima (sempre tramite il Servizio Sanitario Nazionale), in presenza di fattori di rischio come menopausa precoce o rischi di fratture spontanee.
Calcio, aria aperta e moto
L’altro fattore importantissimo è la prevenzione che deve partire già da bambini con l’abitudine ad assumere cibi ricchi di calcio. Le ossa sono un tessuto vivo, in continua crescita dalla nascita fino al termine dell’adolescenza, e raggiungono il picco di massa ossea nella prima età adulta, intorno alla metà dei 20 anni. È importante già da bambini e adolescenti seguire una dieta equilibrata, con un corretto apporto di calcio ed evitare l’esposizione al fumo passivo. «In età adulta, dopo la menopausa, è bene introdurre almeno 1 g al giorno di calcio, così com’è consigliata l’esposizione al sole per almeno un quarto d’ora al giorno, per stimolare la sintesi della vitamina D che è un regolatore del metabolismo del calcio. E poi bisogna fare attività fisica. Quale? Tutto quello che comporta movimento per l’osso va bene, anche le attività in assenza di gravità come la piscina e l’acquagym, basta però che l’esercizio fisico sia regolare e costante».
No alle diete ipocaloriche
«Sul fronte dell’alimentazione attenzione alle diete ipocaloriche che portano a una forte riduzione di peso in poco tempo perché sono dannose per lo scheletro. È fondamentale assumere calcio con regolarità anche attraverso quello che mangiamo: 30 g al giorno di parmigiano e una tazza di latte fanno bene a tutti». E sul fronte delle cure? «Esistono varie opzioni terapeutiche che vanno commisurate alla persona in funzione del suo metabolismo». Ma se le terapie vanno valutate dal medico, uno stile di vita sano e attivo può fare molto.
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- Presidente Fondazione italiana di Ricerca sulle Malattie dell’Osso
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