“Quando pensiamo alla perdita intendiamo in genere quella di una persona che amiamo e che la morte ci può strappare. Ma la perdita è un tema ben più complesso della nostra vita. Perché noi non perdiamo solo attraverso la morte, ma anche abbandonando e venendo abbandonati, cambiando e lasciando andare via e facendo andare via. E le nostre perdite non includono solo le separazioni e i distacchi da coloro che amiamo, ma anche le perdite consce e inconsce dei nostri sogni romantici, delle aspirazioni impossibili, delle illusioni di libertà e potere, delle illusioni di sicurezza – e la perdita del nostro io degli anni giovanili, quell’io che pensava di poter restare intatto e invulnerabile e immortale. Queste perdite sono parte della vita, universali, inevitabili, inesorabili. E queste perdite sono necessarie perché per poter crescere dobbiamo perdere, abbandonare e lasciare andare via”.
Quello di Judith Viorst è uno dei best seller nell’area saggistica più meritevole di essere tale che io conosca. Pubblicato nel 1987 questo libro coniuga psicoanalisi e letteratura alle esperienze sia professionali che personali dell’autrice, con grande efficacia di scorrevolezza formale e grande equidistanza da ogni teoria sedimentata. Ogni giorno ci distacchiamo da qualcosa e da qualcuno e il primo strappo, quello dal corpo materno, determina, insieme ai primi anni di vita, la capacità che svilupperemo negli anni a venire. Impariamo a camminare sostenuti dalle mani di una mamma che adoriamo e veneriamo. Quella stessa mamma che è sufficientemente buona (termine con il quale Winnicott ridimensionò la perfezione inarrivabile della figura materna classica) se è in grado di lasciarci andare, osservare le nostre prime cadute, restandoci però abbastanza accanto. Cadere, piangere, lottare con l’impotenza inattesa, voltare il capo e trovarla lì, sorridente, che ci dice «dài, riprova, era comunque un buon tentativo».
Lasciare andare significa accettare la parte oscura ma naturale e necessaria dell’amore, l’odio. Significa accettare i legami imperfetti ma veri. Significa accettare che siamo molte cose, ma non possiamo essere tutto. Ogni scelta è un distacco e un passo avanti insieme.
Sono felice di consigliarvi questo ottimo testo proprio oggi che un anno sta per finire e uno nuovo ci attende. Distaccarsi non vuol dire rinnegare e neanche dimenticare, ci dice la Viorst. Distaccarsi vuol dire crescere, continuare a camminare. Quanto di buono c’è stato nel nostro passato rappresenta, anche se concluso, una base ‘morbida’ che assorbirà tutti gli impatti delle cadute presenti e future. Imparare a dire addio ai legami, alle persone, a parti di noi, a sogni impossibile e illusioni non vuol dire rinunciare ma solo accettare che le esperienze della vita si muovono, cambiano, evolvono.
Vi abbraccio forte.
Buon anno di cuore a tutti voi!
Judith Viorst, Distacchi, Sperling Paperback
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