Dei tanti dati emersi dalle ricerche di mercato e dai sondaggi, in vista della Giornata internazionale della donna dell’8 marzo, me ne ha colpito in modo particolare uno: un quarto delle ragazze italiane tra i 15 e 29 anni non studia e non lavora.
Sono i cosiddetti Neet per usare un inglesismo (Not in Education, Employment or Training), per cui l’Italia detiene il record europeo negativo. Giovani che sembrano aver rinunciato già alla loro età a cercarsi un futuro, un posto qualsiasi di lavoro.
Il dato arriva dall’Osservatorio indifesa di Terre Des Hommes e OneDay Group che ha coinvolto oltre 2.000 ragazze adolescenti tra i 14 e i 26 anni, realizzato in occasione dell’8 marzo 2023. Ebbene, dalle loro risposte emerge una grande sfiducia verso il futuro, le ragazze di oggi fanno fatica a immaginarsi un ruolo nella società, una su due afferma di sentirsi limitata da stereotipi maschilisti sia nella scelta degli studi futuri sia nella carriera lavorativa. Il luogo dove secondo loro si assiste a una maggior discriminazione di genere è proprio il mondo del lavoro, seguito dal web e dai social media. Mancano dei modelli di riferimento, il 20% ammette di non averne uno e per il 30% l’unico modello resta la mamma.
Eppure a ben guardare gli esempi di donne che sono riuscite a “sfondare i tetti di cristallo” non mancano: il Premio Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini, la cancelliera Angela Merkel, Christine Lagarde, oggi alla guida della Banca Centrale Europea nel maschilissimo mondo della finanza e infine la nostra prima Premier donna, Giorgia Meloni (ma non dimentichiamoci che la società indiana 60 anni fa produsse un primo ministro donna come Indira Gandhi).
Insomma in Italia ci sono un 25% di ragazze che non lavorano né studiano. Verrebbe da chiedersi cosa fanno, se non fosse che ci scontriamo con un mercato del lavoro che privilegia ancora l’assunzione di giovani uomini rispetto alle giovani donne e che rende difficile conciliare l’attività lavorativa con la cura dei figli. Per non parlare di una certa mentalità che tende a dare maggiore importanza al ruolo della donna all’interno della famiglia.
Eppure a ben guardare le ragazze rappresentano oggi il 60% dei laureati in Italia, stando all’indagine di genere 2023 condotta da AlmaLaurea in Italia le donne rappresentano il 59,4% dei laureati, hanno migliori performance negli studi ma sono penalizzate sul mercato del lavoro.
Il divario di genere si attenua, ma persiste, sia per quanto riguarda gli esiti occupazionali, sia per le retribuzioni, e questo vale anche tra i laureati nelle discipline Stem.
E qui si apre un altro capitolo: la scarsa presenza femminile nelle facoltà dove si insegnano le materie STEM (Science Technology, Engeneering and Mathematics).
La gran parte delle ragazze sceglie ancora solo facoltà umanistiche, linguistiche e mediche. Stando ai dati Ministero della Pubblica Istruzione, nell’anno accademico 2020/2021 le studentesse immatricolate nei corsi di laurea Stem sono il 21%, la metà rispetto agli uomini. E questo nonostante la laurea in una disciplina Ict, come ingegneria o più in generale nelle materie scientifiche, permetta di avere migliori sbocchi occupazionali e maggiori possibilità di guadagno.
Su Confidenze del tema parla Maria Rita Parsi mettendo in luce come nella storia le donne si siano ritagliate un posto solo in determinate professioni: l’insegnante, l’infermiera, la sarta, e se va bene la dottoressa. È invece necessario un cambiamento culturale, che deve partire per forza di cose dalla aule di scuola oltre che dalla famiglia.
In questi anni molto è già stato fatto, basti pensare proprio alle tante iniziative per avvicinare le ragazze alle studio delle materie scientifiche, ma non basta.
Un altro aspetto su cui per esempio permane una forte disparità di genere è l’educazione finanziaria, fa notare Terre Des Hommes nel suo Osservatorio indifesa: quante di noi sanno calcolare il tasso di interesse di un prestito o capire un investimento finanziario? Per non parlare della gestione di un conto corrente autonomo. I più recenti test Pisa-Ocse evidenziano che 15enni maschi hanno un’alfabetizzazione finanziaria superiore di due punti rispetto a quella delle loro coetanee; in Italia il gap è addirittura di 15 punti.
Ci sono poi tanti condizionamenti culturali e non con cui ci scontriamo ogni giorno: per esempio lo sapete che tre italiani su quattro reputano ancora i lavori domestici come un’attività per donne? Il 70% dei maschi italiani pensa che stirare, riordinare gli armadi, o fare le pulizie di casa sia un compito che riesce meglio alle donne e tre uomini su 10 si fiderebbero poco o per niente di una donna per riparare un tubo o un guasto elettrico (fonte Taskrabbit).
Insomma di strada ce n’è ancora tanta da fare e l’appello alle giovani è di prendere in mano il testimone dalle loro mamme e nonne, gli esempi non mancano, serve coraggio.
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