Ostinarsi a vivere all’antica come faccio io (la mia resa alla modernità s’è fermata al computer e a un vecchio Nokia) porta dei vantaggi, risparmia dalla galera d’essere sempre connessi, a disposizione di chiunque- ma si perdono anche tante cose. Io avevo perso Drusilla, l’ultima divina. Un giorno accendo la tv e la vedo, signora aristocratica di un tempo che forse non c’è mai stato, di un garbo impertinente, una creatura che viene dalla luna. È Drusilla Foer. Bella, bionda, agée, in una zona indistinta fra i 58 e i 70 anni, sta su un divano, è sola come un cane, parla a un pesce rosso come a un amante noioso, e insieme si guardano una serie in tv.
Drusilla è la regina del jet-set, inseguita dai fotografi, musa di grandi artisti, figlia di un diplomatico, ha viaggiato in ogni luogo. È spazientita, è snob, populista e classista, assolutista e dubbiosa, “ostile alle chiacchiere inutili”, irreparabilmente innocente. Drusilla è inammissibile, vola sopra ogni correttezza.
Irresistibile. Di una simpatia a un passo dalla commozione. Da un’intervista:
Domanda: Le dispiace rispondere a qualche domanda?
Risposta: Sono ostile alle chiacchiere inutili.
D- Chi frequenta?
R- Tutti.
D- I suoi amici?
R- Sono morti. Alla mia età è un’ecatombe.
D- Cosa le piace in un uomo?
R- le donne dicono sempre lo sguardo, le mani, che mi faccia ridere…a me interessano le natiche e la casa.
D- Il sesso?
R- Lo consiglio a chiunque. Specie da quando il Santo Padre ha ammesso l’uso del preservativo.
D- Lei parla male delle gradi griffe, ma è un’icona di stile.
R- Per forza, le altre sono tutte morte. Penso a Carla Bruni, poveretta, tremenda, una commessa vestita da Jackie Kennedy.
D- Che rapporto ha con la morte?
R- Cordiale. Quando viene me ne vado io, non c’è conflitto. Sia chiaro che quando muoio voglio essere buttata via. Mi piacerebbe diventare un fogliolino fra due strati di buona mortadella.
D- Lei è molto amica di Tina Turner?
R- Sì, siamo come sorelle. Sua madre era a servizio dalla mia.
R- Direbbe mai una cosa poco chic come “buon appetito” ?
D- A una cena racée non lo direi mai, ma se qualcuno lo dice sono contenta, è così allegro!
Drusilla ha un grande dono: canta meravigliosamente, con una voce che può essere sottile o roca o potentissima, le fa fare quello che vuole, dal jazz alla canzone napoletana.
E poi, da troglodita della comunicazione, ho scoperto ciò che tutti sapevano, visto che Drusilla da anni faceva impazzire il web, ed era famosa anche in tv. Ho scoperto che Drusilla non esiste. Drusilla è la creazione di un geniale artista senese, che l’ha inventata e la impersona: Gianluca Gori. Drammaturgo, attore, cantante, è un giovanotto snello, altissimo, elegante e bello, spiritoso e malinconico, che un giorno la inventò per gioco, e da allora non si sono più lasciati.
Gianluca Gori è nato in palcoscenico. Tutta la famiglia lavorava al teatro Oriolo- Piccolo Stabile di Firenze – dietro le quinte. Il nonno illuminotecnico, la sorella della nonna sarta teatrale e ricamatrice. Il padre, direttore di scena, conobbe lì sua madre, anche lei sarta di costumi. Gianluca e i suoi fratelli erano tre figli senza babysitter, e crebbero nel teatro. Prove, veder montare le scene, la musica…un imprinting che è diventato vocazione e destino.
A 20 anni Gori ha fondato la sua prima compagnia, Occupazioni farsesche, e cantava in un gruppo musicale a cappella, grande scuola per l’uso della voce. Una volta saputo dell’esistenza di Drusilla sono corsa a vederla a teatro, all’Ambra Jovinelli di Roma. La sala era stracolma, e alla fine non volevano lasciarla andar via, la richiesta dei bis era imperiosa. Uno spettacolo essenziale- tre in scena: Drusilla, il sassofonista, il pianista. E l’emozione. L’arte di farti passare dal riso al dramma, con una grazia infinita. Drusilla in scena ha qualcosa di dolente e fiabesco. Ha il terzo occhio, l’umorismo. Eccola bella e tragica, vestita d’argento che canta I will survive in una versione malinconica, assolutamente inedita- ecco che fa la pazza planando sul pianoforte a coda, e tutto scorre come una estenuata trasgressione, il sogno d’un sogno.
Alla fine il poeta se ne va, con quel suo viso da gentiluomo raté degli anni 30, e un che di angelicamente depravato. E invece è un bravo ragazzo che se ne va con la sua valigia da trasformista, attorniato da gente che gli vuole bene. Che invidia, essere Gianluca e Drusilla, che invidia liberasi di sé con un atto magico, che invidia essere due.
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