Difficile credere che gli esorcismi nel 2015 siano non solo praticati ma anche numerosissimi, vero? Anch’io, quando per un puro caso ho scoperto che a tutt’oggi sono 400 i sacerdoti esorcisti riconosciuti dalla Chiesa, sono rimasta di sasso e ho chiesto a un nostro collaboratore, Marco Bergamaschi, di indagare questo mondo e di farne un servizio. Lo troverete nel numero di questa settimana e sono certa che le testimonianze raccolte vi sorprenderanno.
Confesso che, pur essendo propensa a credere che le possessioni siano più che altro gravi disturbi psichiatrici, al di là delle Scritture e del dogma religioso, mi sono chiesta più volte se accanto a un Dio di bontà e Amore non sia addirittura logica l’esistenza del suo opposto. Un dio del Male. Il Maligno, come viene citato dai sacerdoti che, appunto, lo combattono.
Ci ho riflettuto, per esempio, in uno dei miei tanti itinerari sulle orme di Francesco d’Assisi, nella visita al monastero benedettino di Subiaco, dove campeggia un grande affresco del demonio. Venni a sapere da un monaco inglese che in quel luogo san Benedetto esorcizzò la presenza del Male e che, da allora, la medaglietta che riporta la croce del Santo con l’acronimo del suo esorcismo è ritenuta una delle armi più potenti di protezione dal Maligno.
Lo stesso Francesco, con la sua poetica semplicità, insegnò al compagno Rufino, convinto di essere ormai vinto dalle tentazioni, che il demonio si scaccia semplicemente con la gioiosità dell’anima e una formula breve e invincibile: “Apri la bocca; mo’ vi ti caco” (Fioretti, cap. XXIX).
Ma è stata soprattutto un’inattesa esperienza diretta con alcuni seguaci di Satana a far nascere in me la sensazione che l’Amore e il Male sono entrambi dentro ciascuno di noi. E che siamo noi a decidere il nostro personale percorso spirituale e soprannaturale.
Anni fa, d’estate, con mio marito e una coppia di amici (lei al quinto mese di gravidanza), fummo invitati a pranzo da un amico comune, famoso professionista, nella sua cascina toscana, meravigliosa come solo una cascina toscana può essere. Ricordo che ci colpì la dolcezza delle colline e della natura tutt’intorno mentre la padrona di casa ci accoglieva all’ingresso tenendo per mano una bimba sui quattro anni, bellissima. Bruna, con i riccioli disordinati e annodati e uno sguardo scuro e luminoso allo stesso tempo.
«Che bella bambina!» dissi subito io. E la madre con un sorriso commentò (come se si trattasse di una virtù straordinaria), che soprattutto la sua bimba era «cattiva». Pensai che fosse una battuta, forse un po’ stupida, finché non entrammo nella cascina. In cucina e poi in soggiorno, dovunque erano sparsi crocifissi capovolti, candele nere accese, simboli inequivocabili di messe nere e sul caminetto campeggiava la fotografia di una ragazza morta in circostanze strane.
Mi preoccupai per la mia amica incinta che era impallidita, mi si era accasciata addosso e sembrava sul punto di svenire. E poi volevo andarmene, portarla via di lì al più presto. I nostri mariti, da maschi pragmatici, alle nostre spalle stavano già spingendoci verso l’uscita e la macchina, senza nemmeno preoccuparsi di dare spiegazioni agli ospiti.
Ogni tanto penso a quella bambina bruna, oggi donna. E a chi come lei – molto più vicino di quello che si creda – è educato a coltivare il proprio Male e, allora, sì. Io prego per loro.
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