Mi chiedono: «sei favorevole all’eutanasia?». La domanda è sbagliata: chi mai è favorevole alla morte? Io fosse per me la abolirei, la morte. Dispiace tanto morire, anche da vecchi. Figuriamoci quanto è costato a DJ Fabo che era un ragazzo, correva in moto, viveva di musica, era amato.
È durissimo decidere di finirla. Se credessi in Dio sarei felice: la morte non esiste, è la porta dell’eterno, in cielo rivedrei quelli che amavo e in seguito quelli che ho lasciato, non avrei più paura di niente, tanto la vita è solo una parentesi. E obbedirei alla chiesa, sopportando ogni male per la beatitudine celeste, anche se credo che se Dio è buono come dicono, sarebbe più pietoso delle regole imposte nel suo nome.
Penso alla canzone di De André sui suicidi: Signori benpensanti, spero non vi dispiaccia/ se Dio fra le sue braccia/ soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte/ (…) Dio di di misericordia/ il tuo bel paradiso/ lo hai fatto soprattutto/ per chi non ha sorriso…”.
Io che non credo nel Dio cristiano, credo che la nostra morte ci appartenga. Non voglio vivere oltre la mia dignità. Ho assistito per 7 anni mia madre malata di l’Alzheimer. Non sapeva più chi era né chi eravamo noi, viveva di terrori che non sapeva dire. E a volte piangeva che strappava il cuore. E se finisco come lei? Non vorrei imporre questo ai miei figli, per amore e per orgoglio, non vorrei essere così davanti a loro.
Se vedessi quei sintomi, sarei costretta – con dolore, con paura – a scegliere di finirla. Ma visto che la legge italiana non lo permette, non vorrei andare in Svizzera. In viaggio viene una tale voglia di vivere!
Capisco Lucio Magri, che ci andò tre volte, nella clinica Svizzera, e per due volte tornò indietro, e solo la terza si decise al suicidio assistito. Non lo conoscevo, ma lo penso spesso, gli voglio un gran bene. Aveva 80 anni ma era bello come un angelo, e la sua mente era vivissima. Ma sua moglie era morta, e per lui non c’era più il mondo. Ecco, per me niente Svizzera, io vorrei trovare qualcuno che mi aiuti alla buona, come nel bellissimo film Miele di Valeria Golino, dove c’è questa ragazza che aiuta clandestinamente a morire i malati terminali. Quando l’ho visto ho pianto dall’inizio alla fine. Perché poteva essere la storia di ognuno di noi.
Il suicidio è l’unico patrimonio non deperibile della condizione umana. La nascita non è dato sceglierla. La fine dev’essere libera. Vorrei morire dolcemente, come il mio cane.
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