Reinventarsi dopo un fallimento è il titolo di un articolo che trovate su Confidenze in edicola adesso, ma anche qualcosa che tutte noi (sempre ammesso che a leggermi non ci sia una treenne) almeno una volta nella vita abbiamo dovuto fare. Sia in amore sia sul lavoro.
Partiamo dai sentimenti, visto che già dai tempi del liceo sono sempre lì in agguato, pronti a massacrarci con la violenza di uno tsunami, anche se il tipo che (bastardello) si permette di dirci addio è un insulso che abbiamo sbaciucchiato qualche volta più per noia che per passione.
Il fatto che il signor nessuno sia davvero una nullità per il nostro cuore, però, non ci difende dalla disperazione di vederlo fuggire. Così, quando siamo ragazzine viviamo il primo fallimento amoroso come una tragedia cosmica dalla quale pensiamo di non poterci mai più riprendere.
Tanto dramma, in realtà, è dovuto al fatto che l’adolescenza è l’anticamera della vita. Cioè, la zona dell’esistenza in cui tutto succede per la prima volta. Quindi, ancora non sappiamo che per un amore che se ne va, ce n’è un altro che arriva. Sicuramente più bello, più simpatico e con il motorino più figo (sono i parametri fondamentali delle teen).
Peccato che se si parla d’amore, ci si accorge che l’esperienza insegna ben poco. Tant’è che quando si palesano momenti davvero difficili (il più classico è il marito che scappa con con un’altra), cadiamo nel baratro. Se lei è più giovane, per ovvi motivi di invidia (non solo ce l’ha portato via, ma è anche fresca e tonica). Se, invece, è nostra coetanea (più vecchia non capita mai!!!), perché non capiamo proprio come abbia potuto soffiarci il consorte.
Quindi, dimentichiamo ciò che sappiamo benissimo (se un amore va, un altro arriva) e chiudiamo gli occhi davanti alla splendida opportunità di vivere per un po’ da single nella totale libertà. E, soprattutto, rimaniamo completamente cieche di fronte alla felicità delle coppie del secondo giro, pensiamo che una nuova chance per noi non sia prevista e, crogiolandoci nel nostro dolore, buttiamo via giornate, settimane e mesi senza reagire.
Naturalmente, nel corso degli anni è successo anche a me. Ma se oggi il mio cuoricino lanuginoso batte all’impazzata, all’orizzonte vedo (come molti di questi tempi) aria di tempesta sul fronte lavoro.
Il periodo è malandrino e l’incertezza del futuro è un mal comune. Ma, proprio per questo, anche un mezzo gaudio. Che mi ha avvolta in un mix di rassegnazione positiva (in fondo, mi dico, le vecchie generazioni partivano per la guerra e non sapevano se tornavano), di curiosità (dopo una vita nel solito posto, chissà quali occasioni mi si prospetteranno) e di incoscienza economica. Una molla che mi spinge a ripetere come un mantra: «Siamo tutti sulla stessa barca e impareremo a remare insieme». Ce la faremo? Se ognuno di noi troverà il proprio modo personale per Reinventarsi dopo un fallimento ne sono certa. Anzi, certissima!
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