Aeroporto di Linate più di 20 anni fa. Sono in partenza per un viaggio di lavoro, una conferenza stampa all’estero e ho appena depositato il trolley sul metal detactor, davanti a me sono schierati tre giovani poliziotti in divisa. Uno dei tre dice a voce alta: «E certo che se lo mette così non entrerà mai… L’altro sghignazza e dice: entra.. entra.. basta metterlo giusto e vedrai che entra».
Difficile non cogliere una sottile allusione sessuale nel loro commento.
Io che allora ero poco più di una ragazza mi sento avvampare le guance, sto zitta, cosa potrei dire a tre poliziotti in divisa, rischiando forse di perdere il volo? Ma mi sento come se mi fosse passato sopra un tir. E varcato il metal detector riprendo il mio trolley sbattendolo per terra, lasciandomi andare a un moto di stizza.
Settimana scorsa all’accettazione di un ospedale milanese. Nella fila a fianco alla mia c’è un signore sui 65-70 anni che alla cassa sta aspettando la ricevuta, a un certo punto dice all’impiegata:«Allora me la dà?». E di fronte al silenzio della signora rincara la dose. «Allora me la dà o non me la dà?», aggiunge con aria beffarda. A quel punto però l’impiegata reagisce redarguendolo: «ma dove crede di essere al bar dello sport?». Le fa eco la collega dello sportello accanto: «ma si vergogni..»..
Vi ho citato questi episodi per spezzare una lancia a favore del corpo degli Alpini, non per assolverli dai comportamenti tenuti al raduno di Rimini (del tema ci parla Maria Rita Parsi su Confidenze) ma per chiarire che le molestie verso le donne, verbali e fisiche, non hanno divisa né età né classe sociale, appartengono invece a una mentalità diffusa che pensa al corpo delle donne come qualcosa a disposizione dell’uomo. Per commenti, apprezzamenti pesanti non richiesti e toccatine.
L’argomento però come si è visto in queste settimane è fortemente divisivo persino all’interno del genere femminile: nei giorni seguenti al raduno degli Alpini incriminato, ci sono state esponenti del gentil sesso che hanno rivendicato con orgoglio di sentirsi lusingate da apprezzamenti anche pesanti, e per nulla offese nella loro dignità. Ma accanto a loro ce ne sono tante altre non più disposte a tacere o ad abbozzare un sorriso accontentandosi del fatto che ”tanto non ti ha messo le mani addosso”.
Il tema mi ha portato a riflettere, perché in quanto madre di un figlio maschio diciottenne mi chiedo come trasmettere al meglio ai ragazzi l’idea che sia comunque bello fare un complimento a una ragazza senza sentirsi per questo un maniaco sessuale o rinunciarci a priori magari per paura di essere male interpretati.
Una risposta davvero non ce l’ho, diciamo che in questi casi conta l’esempio che si dà in casa: se il padre, il nonno, lo zio o il fratello davanti al televisore si lanciano in commenti inappropriati sulla soubrette di turno, anche il pargolo crescerà con lo stesso senso di impunità davanti al genere femminile. Come sempre valgono il buon senso e il buon gusto, doti che a volte noi genitori ci dimentichiamo di trasmettere.
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