“L’assoluta e polemica sicurezza di sé del perfetto ignorante ha, nella mia esperienza, una connotazione di genere. Gli uomini (alcuni uomini) spiegano le cose, a me come ad altre donne, indipendentemente dal fatto che sappiano o no di cosa stanno parlando.
Ogni donna sa a cosa mi riferisco: a quell’arroganza che, a volte, mette i bastoni tra le ruote a tutte le donne, in qualsiasi settore, che le trattiene dal far sentire la propria voce e che gli impedisce di essere udite quando osano parlare, che schiaccia le più giovani nel silenzio insegnandogli, così come fanno le molestie per strada, che questo mondo non appartiene a loro. Per noi è un addestramento all’insicurezza e all’autolimitazione, mentre gli uomini tengono in esercizio la propria immotivata tracotanza. (…)
Questa sindrome è una guerra che la quasi totalità delle donne affronta ogni giorno, una guerra che è anche interiore, la convinzione della propria superfluità, un invito al silenzio. (…) La violenza è un modo per azzittire le persone, per negargli voce e credibilità, per affermare il proprio diritto di controllare il diritto altrui di esistere. (…)”.
Avere il diritto di farsi vedere e di parlare è il fondamento della sopravvivenza, della dignità e della libertà”.
Il prossimo ventidue agosto festeggerò il mio quarantaquattresimo compleanno. E sarà il primo, almeno da quando conservo memoria del mio essere nel mondo, se non proprio da femminista sfegatata di certo non più da maschilista convinta.
Ho sempre preso le parti degli uomini, sì. Ho sempre pensato fossero più puri, più indifesi, che la parte forte dell’universo, quella spietata, fosse quella rosa. A chi andava affermando che se al potere fossero andate le donne il mondo sarebbe di certo stato migliore rispondevo che, al contrario, probabilmente ci saremmo già estinti.
Eh. Lo so. Mi sono fatta spiegare troppe cose. Mi sono fatta incantare troppe volte. Ho scambiato complimenti e sorrisi per rispetto e stima, ho perdonato cadute di stile, ho motivato scelte folli, ho compatito. E ho accettato il ruolo subalterno affermando “può stare di lato solo chi ha la forza di reggere il peso del mondo senza restarne schiacciato”.
Ho cambiato idea. E credo che anche la competizione tra donne, quella tutta giocata sull’aspetto fisico, sia un prodotto del modo che hanno gli uomini di trattarci e relegarci in posizioni scomode, ingiuste, innaturali.
Il mio lavoro mi porta da anni ad ascoltare storie, storie di donne soprattutto. Perché soprattutto le donne hanno storie da raccontare senza la presunzione di dover spiegare ad altri. Le donne hanno la forza di vivere sfacciatamente e, oggi posso dirlo con certezza, mettendo in gioco la propria esistenza per quello in cui credono. La maggior parte degli uomini no: si limitano a mettere in atto – si tratti di politica, lavoro o amore gli schemi non cambiano – strategie.
Gli scritti della Solnit raccolti in questo saggio (leggibile, arguto e audace) delineano i molti percorsi, alcuni vere e proprie trappole mortali, della sopraffazione maschile.
Muovere guerra al genere maschile? No. Ma di sicuro smettere di subire subdolamente sì. Mai avrei creduto di avere il bisogno di urlare, nel 2018, “Basta! Rispettateci, state al vostro posto e non invadete il nostro”.
Rebecca Solnit, Gli uomini mi spiegano le cose, Ponte alle Grazie
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