Il mio palato è capace di apprezzare gli accostamenti gastronomici più improbabili con ammirevole entusiasmo. Il mio stomaco inizia a fare i salti di gioia appena intuisce che lo sto per riempire. E il mio umore è sempre propenso a migliorare quando parlo di cibo.
Insomma, definirmi una buona forchetta è davvero riduttivo. Perché dormigliona da fare impallidire i ghiri, alla mattina mi solleva dal letto soltanto l’idea che mi aspetta la prima colazione. Strategicamente sana e leggera (è l’unico mio pasto che un nutrizionista approverebbe) per giustificare, all’ora di cena, il darci dentro come se non ci fosse un domani.
E’ ovvio che tanta foga davanti alla qualunque di commestibile mi renda la persona perfetta da invitare: qualsiasi cosa mi mettiate nel piatto la divorerò a quattro palmenti, riempiendovi di soddisfazione e lusingando il vostro desiderio di sentirvi reginette dei fornelli.
E non abbiate paura di portare in tavola proposte che non mi piacciono. Da buona onnivora inglobo paste e risotti, carne e pesce, frutta e verdura. E sono anche propensa all’agro-dolce, declinato sia in ricette da gourmet pluripremiato, sia in accostamenti appunto improbabili, come accennavo sopra.
Per esempio, un classico nelle giornate di sci è concedermi una breve sosta per un succulento hot dog sull’orlo di esplodere per le badilate di senape e maionese, che consumo in simultanea con una densa cioccolata calda in cui naviga un gigantesco iceberg di panna montata.
A questo punto siete convinti che sul mangiare non abbia limiti? Mi spiace deludervi, ma un punto d’arresto per il mio palato esiste. E l’ho appena scoperto anch’io, leggendo Pesce e patatine? No, meduse (lo trovate su Confidenze in edicola adesso). L’articolo sostiene che, secondo uno studio dell’Università del Queensland, in un futuro non molto lontano i gelatinosi e urticanti abitanti del mare saranno la nostra alternativa al fish & chips.
La notizia, lo ammetto, per un nano secondo mi ha tolto la fame. Ma attenzione: lo stomaco non mi si è chiuso per la paura delle ustioni a lingua e gengive provocate dai planctonici esseri (in fondo, la cucina italiana prevede già piatti a base di ortiche). A farmi impressione, prima di tutto, è l’idea di bocconcini dalla consistenza di un marshmallow, ma completamente privi della sua dolcezza.
E poi, sono profondamente contraria alle “imitazioni alimentari”. Nel senso che al ristorante potrei anche ordinare una zuppa di meduse veraci. Ma non accetterei che mi venissero presentate sotto le mentite spoglie di pesciolini e patatine. Su questo sono talmente talebana che in tavola non tollero neppure di vedere un hamburger di seitan (o me lo sparo di manzo o preferisco rinunciarvi), la pasta di riso (io vado di spaghetti tradizionali o di risotto alla milanese) o il gelato di soia.
Con tutto il rispetto per chi ama questo tipo di cucina, dichiaro urlando che non è la mia. Gusti molto più terra-terra, infatti, mi spingono in un’altra direzione. Quella della bresaola con l’insalata e di un frutto per concludere il pasto se sono a dieta. Oppure, la via delle tagliatelle al ragù (rigorosamente di carne) seguite a festa da un gelato alla crema che sa di uovo quando dimentico che esistono le bilance.
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