In questi giorni di convivenze forzate e relazioni sociali azzerate dall’emergenza sanitaria tutti noi ci siamo interrogati se in fondo questo Coronavirus non sia almeno servito a farci riflettere sui nostri stili di vita e, al di là di angosce, sofferenze e lutti non sia anche una grande occasione per rinsaldare rinsaldare i legami affettivi, familiari e non solo.
Nella tavola rotonda Più casa = più affetti e calore? su Confidenze in edicola, sette scrittrici e psicoterapeute ci raccontano come stanno vivendo la loro quarantena e quali legami hanno riscoperto. Leggendo i quotidiani poi scopro che anche coppie separate o formatesi da poco stanno dando la precedenza ai legami familiari: Ambra Angiolini sta passando la quarantena con i suoi figli a Brescia, mentre il compagno Max Allegri è tornato a Livorno dal padre e dal figlio piccolo. Il regista Gabriele Muccino è chiuso in casa in campagna alle porte di Roma con moglie e figlia.
Se guardo alla mia di esperienza da quel 4 marzo, che sancì la chiusura della Lombardia e l’inizio del lockdown dell’Italia la mia vita e quella della mia famiglia è stata completamente stravolta, come immagino quella di tutti. Abituati a fare il giro dell’orologio fuori casa e a rientrare la sera dopo una giornata di lavoro o di scuola e sport per mio figlio, ci siamo ritrovati con gli sguardi smarriti a reinventarci le giornate scandendo nuove abitudini e ritagliandoci nuovi spazi di autonomia. Così mio figlio fa scuola on line, io lavoro in smart working e mio marito anche, chiuso nel suo studio. Ci ritroviamo a pranzo e cena per commentare l’ennesimo bollettino della Protezione civile o ascoltare i racconti di scuola di nostro figlio. La cucina è diventata una sorta di territorio comune dove ciascuno dà il suo contributo: chi fa il pane in casa, chi apparecchia, chi spreme le arance. Una sorta di fortezza inespugnabile dove il frigo è l’ultimo baluardo da difendere.
E se all’inizio io mi sentivo un leone in gabbia e non mi capacitavo di non poter uscire neppure per fare il giro dell’isolato, con il passare delle settimane questi nuovi ritmi mi trovano più docile ad assecondarli e forse anche più riflessiva. È vero che si ha la sensazione di vivere in una bolla d’aria, sospesi in un tempo dilatato dove le giornate sono tutte uguali e si perde la cognizione dello scorrere della settimana, persino del fatto che arriva il weekend (figurarsi le festività poi) ma io posso dire che in casa i nostri rapporti sono migliorati. Sicuramente ho più tempo per stare con mio figlio, anche se sto lavorando, vederlo sul divano mi dà sicurezza, ascoltare, senza dover aspettare sera, i racconti di come lui e i suoi compagni vivono la quotidianità scolastica tra scherzi e chat con i professori, mi riempie il cuore di gioia e mi conforta il pensiero di potergli stare vicino in questo momento così difficile per tutti. Mio marito poi, da quando è costretto a casa, si sacrifica volentieri per andare a fare la spesa sobbarcandosi code infinite. E poi in queste settimane il tam tam degli amici lontani è stato incessante. Prima che il lockdown investisse tutta Italia si erano fatti vivi i nostri amici del mare da Roma per sapere com’era la situazione qui in Lombardia, l’altro giorno mi ha chiamata un’amica che non sentivo da due anni e che lavora per una casa di cosmetici, voleva avvisarmi che erano arrivate le mascherine sul loro sito e poi c’è l’incessante e quotidiano scambio di messaggi sui gruppi di WhatsApp, da quello dei compagni del liceo, a quello dell’aperitivo del tennis, dove ciascuno posta vignette e video a tema Coronavirus per stemperare un po’ la tensione o condividere ansie e commenti. Si organizzano aperitivi virtuali il venerdì o sabato sera e tutti ci destreggiamo ormai abilmente con le app di videoconferenza come Zoom e Hangout.
Persino con i vicini di casa i rapporti si sono rinsaldati. Domenica pomeriggio, presa dallo sconforto per una bellissima giornata di sole, sono scesa nel parco condominiale per leggere al sole e ho trovato panchine piene di gente anche se a debita distanza gli uni dagli altri) e vialetti con i bambini scorazzanti in bici.
Le persone hanno voglia di chiacchierare, forse di alleviare il peso della solitudine (penso a chi vive solo) o semplicemente di esorcizzare paure e preoccupazioni per il futuro condividendo la proprie ansie con altri.
Io non so dirvi se L’equazione Più casa = più affetti e calore sia valida per tutti perché ci sono anche tanti per cui la casa diventa una prigione, penso alle coppie in crisi, ma anche agli anziani soli o a chi ha figli disabili, però ho deciso di condividere con voi il consiglio di Barbara Garlaschelli, scrittrice, che trovate nell’articolo su Confidenze: “usare la reclusione per coltivare pensieri nuovi, fare quello che ci fa stare bene: ciascuno a modo suo“.
Che siano quattro chiacchiere su WhatsApp o sul balcone che almeno questa quarantena possa essere ricordata come un bellissimo esempio di arricchimento umano.
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