«La vita è quello che ti succede mentre stai facendo altri progetti» cantava John Lennon in Beautiful boy. Un servizio che trovate su Confidenze in edicola adesso, invece, sostiene che Il destino è nelle nostre mani (che poi è il titolo dell’articolo).
Quindi, con un acume impressionante io capisco che sul tema la confusione regna sovrana. E che il mondo, oltre che in milanisti e interisti, è diviso anche in chi crede nella fatalità e chi in se stesso. Mentre io, come una banderuola, sventolo da una parte all’altra in balia (e a seconda) degli eventi e dell’umore.
Non sono religiosa, vado in chiesa solo per matrimoni e funerali e non ricordo di avere mai invocato un intervento divino. Eppure, sono profondamente convinta che tutto ciò che ci accade non sia solo farina del nostro sacco.
Da un lato, questo principio mi è di grande aiuto perché rende meno pesanti le responsabilità nei momenti difficili. Dall’altro, però, mi suggerisce un che di claustrofobico: a volte darmi tanto da fare sapendo che tutto può essere vanificato da un destino avverso mi mette un’ansia capace di abbattere la buona dose di entusiasmo che anima il mio carattere.
Come me la gioco, allora? Dipende dai periodi e dalle circostanze. Ma in generale cerco di essere fedele al motto “aiutati che il ciel ti aiuta” e di dare una mano alla mia vita. Per esempio, non abbandonando mai l’idea che tutto è possibile.
È ovvio che non è vero, ma pensarlo non è mica male, perché riempie le mie giornate di continui stimoli su ogni fronte. In altre parole, è raro che mi alzi alla mattina pronta per farmi sballottare di qui e di là a seconda di dove gira il vento. Quando suona la sveglia, preferisco di gran lunga tracciare una rotta e cercare di arrivare alla meta prefissa.
Ma attenzione: questo non significa che sia preda di un’incontrollabile foga di raggiungere traguardi per forza ambiziosi. No, proprio per niente. Le mie sfide contro il destino sono spesso banalissime: arrivare all’ora giusta all’appuntamento con le amiche nonostante il traffico inaspettato. Oppure, sciare fino allo stremo sotto la tormenta, quando il meteo aveva dato il bello.
Non arrendermi né rassegnarmi, fra l’altro, mi dà un certo gusto. Per due motivi. Il più importante è che vivere l’imprevisto nelle cazzate penso sia una buona palestra per imparare ad affrontarlo (se ce ne fosse bisogno) nelle cose serie.
L’altro è più giocoso, tant’è che mi fa venire in mente una partita di Monopoli. Dove è valida la teoria di John Lennon: mentre stai progettando di costruire due alberghi in Via Dante, i dadi ti fanno rotolare rovinosamente su Parco della Vittoria. Ma anche quella di Confidenze: visto che il destino è nelle tue mani, sta a te vendere tutte e quattro le Stazioni e tirarti fuori dai guai!
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