Il maestro di yoga

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Per il n. 25 sono tante le storie che avete votato, noi abbiamo scelto questa che per originalità ci è parsa la migliore

Erkan emanava serenità, così m’iscrissi al suo corso. Facevamo yoga, ma lui proponeva anche un “cammino spirituale” che, per un po’, mi sedusse. A un certo punto però, mi trovai davanti a una scelta: volevo davvero cambiare la mia vita?

storia vera di Catia V. raccolta da Barbara Benassi

C’è stato un momento, uno solo, in cui un’illusione, in un’esplosione di fuochi d’artificio dai colori sgargianti, ha illuminato il cielo della mia esistenza per poi svanire in fretta e furia. Fortunatamente senza danni permanenti.

Un anno fa, in ufficio, dopo una fusione, molti giovani colleghi facevano carriera e noi “vecchi” venivamo lasciati indietro o chiaramente messi da parte come scarpe rotte. Ero davvero avvilita, nervosa, insoddisfatta.

Fu allora che alcune conoscenti mi parlarono dei benefici dello yoga. All’inizio le ascoltavo scettica, non avevo mai praticato, ma alla fine, perché no? Decisi di provare.

Il centro che trovai era comodo, proprio dietro casa mia e vantava, oltre allo yoga, vari corsi di ispirazione new age. Il giorno stabilito per la mia lezione di prova mi presentai in ampi leggings e maglietta per stemperare i tre chili di troppo che mi portavo dietro da un po’, dato che mio marito, Gregorio, appassionato di cucina, da sempre preparava gustosi manicaretti per far felice un’amante della buona tavola come me.

Per questo, appena entrata nella sala yoga ebbi il mio primo shock. Le allieve, tutte donne, indossavano canottiere attillate e, indipendentemente dall’età, erano tutte ultramagre e toniche. Poi arrivò anche il secondo shock. La porta si aprì ed entrò un uomo bellissimo, che salutò tutte con un lieve inchino.

«Prima di cominciare vorrei presentarvi la nostra nuova amica. Oggi è il tuo primo giorno e vorrei tu venissi a sederti qui» esordì indicando un posto libero accanto a lui.

Deglutii l’imbarazzo e andai a sistemarmi al suo fianco.

«Io sono Erkan, il maestro. Dimmi un po’, cosa cerchi in questa stanza? Cosa ti porta a noi?».

«Mah… più serenità sul lavoro e più armonia con il mio corpo» azzardai in un mezzo sorriso.

«Allora qui troverai ciò che cerchi. Considerati nel tuo rifugio spirituale» rispose lui con voce morbida.

Ritornai al mio posto e iniziai la mia lezione, la prima di tante.

Erkan ci guidò nella respirazione, negli allungamenti, evocando sempre il legame tra mente, corpo e cosmo e mentre tentavo gli asana, le posizioni yoga, lui mi osservava indulgente.

Poi ci fece mettere sedute a gambe incrociate e iniziò a parlare.

«Chi di voi ha provato, qualche volta, un senso di vuoto profondo, di disorientamento in questo mondo che corre?».

Mi guardai intorno. Tutte alzavano la mano e lo feci anch’io.

«Qualcuno tra voi si è sentito qualche volta sopraffatto dal lavoro? Oppure schiacciato dal potere dei social e dalla loro patina di falsa felicità?».

Di nuovo, tutte con la mano in alto.

«Questi sono sentimenti normali e farveli provare è l’obiettivo dei “nemici”, così da scoraggiarvi e farvi rimanere nel “mondo di sotto”. Ora vi insegnerò un esercizio di meditazione semplice e veloce, che porterà la vostra energia a un livello più alto in un attimo».

Ci alzammo in piedi ed eseguimmo un esercizio di respirazione piuttosto complicato mentre Erkan ripeteva ritmicamente: «Volere è potere. Con la mia guida tutto è possibile».

Alla fine della lezione mi si avvicinò.

«Come ti sei trovata?» sussurrò mentre arrossivo. «Ho visto subito che sei molto elevata spiritualmente. Ricettiva. Era da parecchio che non vedevo una persona come te. Purtroppo sento anche che sei molto tesa, addolorata direi. È come se avessi dei pesi che ti trattengono e appesantiscono la tua energia impedendoti di innalzarti come meriti».

«Non saprei dire, so solo che il lavoro mi stressa molto» risposi vaga, un po’ sulle mie.

«Forse c’è qualcos’altro. Ma lo scopriremo, vedrai. La tecnica che insegno serve a purificare, a sciogliere i nodi fisici, spirituali e a elevare, liberandoti dai limiti dell’ego, dai veleni dell’entourage e da quelli del cibo. Benvenuta e alla prossima, spero».

Non sapevo cosa volesse dire esattamente, ma le sensazioni di accettazione e gentilezza che mi rimasero addosso mi conquistarono. Erkan emanava qualcosa di profondo che mi faceva sentire bene e io mi iscrissi al suo corso senza batter ciglio.

Nel giro di quattro mesi, la mia figura si era trasformata in modo spettacolare grazie alla pratica e al cambio di alimentazione: niente più carne, né zucchero, ma tante verdure. Inoltre, a parte il fisico, finalmente mi sentivo parte di un gruppo, serena in ufficio, sottile come un giunco e molto, molto pura. L’ansia, grazie al maestro, era solo un brutto ricordo.

«Immaginate una montagna, io sono in cima e ho una visione completa, mentre voi state ancora salendo. La vostra vista è parziale, ma con la mia guida un giorno raggiungerete la vetta. Dalla mia posizione, io posso vedere tutto e so cosa vi serve per progredire nell’ascesa, conosco i sentieri. Voi dovete solo affidarvi a me» era solito ribadire per salutarci a fine lezione.

Così, giorno dopo giorno, visti i risultati, le parole o lo sguardo benevolo di Erkan erano diventati i miei fari nella notte.

Tuttavia, mentre al centro avevo trovato il mio ambiente, la vita a casa si complicava. Gregorio era sempre più preoccupato per il mio allontanamento e per la mia presa di distanza dai nostri momenti insieme, fatti di buon cibo e intimità.

«Tu non sei mai stata grassa. Mangiar bene non vuol dire abbuffarsi» affermava spaesato dalla mia ostinata frugalità. «E poi non stiamo più insieme…».

Non lo ascoltavo nemmeno. Non solo ero convinta di essere sulla strada giusta, ma sentivo anche che la mia visione globale stava mutando. Ero sempre più distante dai “livellati”, come il maestro chiamava quelli che non frequentavano il suo corso, come mio marito e i nostri amici, e mi limitavo a frequentare il piccolo mondo del centro, l’unico “incorrotto”. La mia attenzione era tutta rivolta alla pratica e alla vendita di oli essenziali, compito assegnatomi da Erkan per “contribuire”, ovvero lavorare gratuitamente per il centro, come facevano tutte d’altronde, per innalzarmi spiritualmente. Questa attività mi assorbiva tantissimo e Gregorio, pur di stare un po’ con me, a volte, brontolando, mi accompagnava per la città.

«Mi sento bene al centro, mi rilasso» cercavo di spiegargli.

«Ne sono felice, ma non escludermi dalla tua vita. Mi manchi tesoro» mi rispondeva lui.

L’inverno con i suoi alti e bassi passò in fretta e finalmente arrivò il caldo. Tutti al centro erano in fermento per la preparazione della famosa settimana di ritiro, di raccoglimento e di crescita, che si sarebbe svolta in un casale in Toscana.

Non potevo perdermi un evento del genere, anche se era decisamente costoso.

«I soldi sono solo una scusa, se si vuole veramente qualcosa si fa di tutto per ottenerla. La crescita spirituale d’altronde non ha prezzo. E se qualcuno vi fa problemi, quelle sono proprio le resistenze dei “livellati”, degli “impuri”» ripeteva Erkan ogni volta che raccoglieva le adesioni.

In famiglia, ovviamente, la cosa non era vista di buon occhio. «Se desideri andare non posso oppormi, ma ti prego pensaci. Non è per i soldi, è che non ti riconosco più. Mangi a malapena e a volte mi sento un appestato, un essere inferiore da come mi parli. Non capisco. E ora questa partenza» esplose Gregorio un pomeriggio.

Quella volta non cercai di convincerlo, ma uscii sbattendo la porta, corsi al centro e qui mi confidai con il maestro.

«Cara mia, sento un karma negativo tra te e tuo marito, mettilo alla prova per vedere se riesce a guarire dal suo attaccamento materialistico nei tuoi confronti. Nei rapporti bisogna godere di pura libertà, per ascendere» dichiarò lapidario mentre sorseggiavamo un tè verde amaro come fiele.

Sapevo cosa intendeva Erkan, d’altronde le sue relazioni con diverse praticanti non erano un segreto visto che spesso scoppiavano scenate di gelosia tra rivali ma, benché trovassi queste situazioni piuttosto sconvenienti e fuori luogo, la cosa in fondo non mi toccava. Non ero attratta da lui fisicamente, ciò che contava di più per me erano le sue parole, i suoi insegnamenti e la serenità che riusciva a trasmettere.

Infatti, dopo quella chiacchierata, malgrado i miei sentimenti per Gregorio fossero ancora saldi, sapevo che si era comunque aperto un baratro tra noi e quando giunse la mattina della partenza mi sentivo emozionata e al tempo stesso profondamente colpevole.

La sera prima, appunto, Gregorio era tornato alla carica letteralmente implorandomi di lasciare quel centro che ci stava separando, ma io, nonostante fossi dispiaciutissima nel vederlo in quello stato, non avevo ceduto alle sue suppliche. E poi ormai avevo pagato e non potevo mandare tutto a monte.

La prima notte al ritiro riposai male, Gregorio era sempre nella mia mente e mi mancava tanto. Poi finalmente un’alba rosa mi strappò dai pensieri e mi proiettò dentro il fitto programma che mi attendeva.

Fin da subito alcune regole furono chiare. Erkan qui era il capo indiscusso, letteralmente un sovrano assoluto. Nessuno poteva sedersi finché non l’avesse fatto lui o iniziare a mangiare prima di lui, oppure andarsene finché lui non glielo avesse concesso. Tutto mi sembrava piuttosto bizzarro.

La prima mattina praticammo semplicemente yoga, mentre il pomeriggio sarebbe iniziata l’ascesa. Aspettai questo evento pomeridiano, nonostante fossi piuttosto stanca e affamata, con curiosità e trepidazione. Erkan entrò e salutò tutti con un lieve inchino.

«Vi ringrazio per intraprendere l’ascesa attraverso di me. Un grande salto quantico aspetta tutte voi, salto che i “livellati” non possono nemmeno immaginare. Chi non si eleva, vuole che gli altri rimangano immersi nel “mondo di sotto” insieme a lui. In questi tempi incerti di guerra e vanagloria», intanto sullo schermo a parete alle sue spalle passavano le immagini di bombardamenti e bimbi affamati, «dove regna il caos, solo noi possiamo migliorare il mondo, ma per farlo dobbiamo rimanere puri e saldi ai nostri principi a tutti i costi anche, se necessario, distaccandoci dalla nostra famiglia. È una dura lotta, i “nemici”, oltre i “livellati”, sono i media, tutta la tecnologia e l’informazione che ci devia. Per questo sto per chiedervi, una volta finito questo ritiro, quando riprenderete i vostri cellulari, di uscire da qualunque forma di social, di chiudervi a ogni penetrazione esterna che non sia il mio canale Telegram, l’unico sicuro e puro». Cercavo di seguire con assertività, ma in mente mi tornava sempre lo sguardo implorante di Gregorio e al solo pensiero di dover tagliare i ponti con l’esterno e i familiari inorridivo. Più passava il tempo e più sentivo che qualcosa in me cominciava a vacillare.

«Sento il potere del nostro gruppo. Con praticanti come voi, i “nemici” avranno filo da torcere» proseguiva Erkan guardandosi intorno con aria solenne e una mano sul cuore. «Dunque cominciamo. Chi vuole essere il primo a intraprendere la propria ascesa?».

A quel punto una ragazza alzò la mano, si mise in piedi in mezzo a noi e una volta lì, incalzata dalle domande del maestro, iniziò a raccontare difficoltà, paure e cose di cui si vergognava, piangendo calde lacrime quasi a soffocare. Era molto imbarazzante ascoltare quelle confessioni così intime, sentire Erkan insultarla e offenderla e vedere quella creatura disperarsi tanto. Poi però tutto si calmò quando lui la assolse solennemente dalle sue debolezze, concedendole di liberarsi dalla rabbia e dalla vergogna per ascendere finalmente di qualche passo.

«Sì, vedo la vetta lassù che mi aspetta. Un giorno la raggiungerò» urlava la miracolata prima di ritornare a sedersi al suo posto tremante di felicità.

Poi toccò a un’altra e a un’altra ancora.

Erkan sosteneva che anche solo osservare e ascoltare gli altri aiutava a crescere e io francamente avrei preferito limitarmi a questo. Invece, il penultimo giorno arrivò anche il mio turno.

Appena iniziai a parlare del lavoro, dello stress che avevo provato, dell’età che avanzava, del non sentirmi più tanto utile, Erkan cominciò a deviare il discorso e a farmi domande dirette, riferendosi alle confidenze che gli avevo fatto a proposito del mio litigio con Gregorio poco prima della mia partenza per la Toscana.

«Non divagare, non pensare al lavoro, concentrati piuttosto sui legami affettivi, su questo coniuge, questo “livellato” così basso che fin dall’inizio rifiuta i tuoi valori spirituali, si oppone al tuo contributo e quindi, ti intralcia, per tirarti giù nella melma con lui. Questa relazione è destinata a finire se non si unisce al tuo percorso spirituale e dato che se ne guarda bene, devi prendere una decisione. Ora. Scendi con lui o sali insieme a noi? A te la scelta».

Sentivo gli occhi di tutte su di me, ero scioccata dalla brutalità di quelle parole, dal fatto che Erkan avesse esposto a tutte le mie confidenze, ritorcendomele, di fatto, contro. E in quel momento esatto qualcosa in me si ruppe. Era troppo.

«Scendo» risposi decisa, «scendo da questa giostra. I tuoi oli schifosi venditeli da solo, che quel poveretto di mio marito mi ha pure dato una mano! Quindi non azzardarti mai più a parlar male di lui, capito?».

La sera, nella mia stanza, sdraiata sul letto, mi resi conto, scioccata e spaventata, che non avevo niente a che fare con quelle persone e di quanto mi fossi isolata, tagliando fuori i miei cari dalla mia vita.

Nel cuore della notte mandai un messaggio a Gregorio, per dirgli che lo amavo, che la mia avventura era finita e che per me niente contava più di noi due. Lui mi rispose subito, malgrado l’ora, con un semplice: “Ti aspetto amore mio” che mi fece scoppiare in lacrime.

L’indomani mattina non salutai nessuno e mi incamminai verso la stazione. Una volta sul treno, la ritrovata libertà mi esplose in petto in una gioia e un’euforia indescrivibili.

Dal mio rientro ho ripreso a gustare i piatti deliziosi di mio marito, che ha imparato a cucinare ricette gustose e leggere a base di verdure. Continuo anche a praticare yoga, ma con un altro gruppo e un’insegnante che mi ha fatto capire che quello che proponeva Erkan non aveva niente a che fare con lo spirito dello yoga, che libera e non impone.

Se non altro, questa esperienza mi ha insegnato che la via per l’illuminazione e la serenità non passa attraverso la presenza di “guru” di fatto inesistenti o la separazione da chi amiamo, bensì attraverso la comprensione e l’amore, autentici raggi di luce, e non vacui fuochi d’artificio di una sola notte.

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