Ore 9.00, Erika manda un messaggio: “sono in ritardo, mi aspettate per il caffè?”.
Alberta dall’altra parte ribatte: “vado in banca, arrivo verso le dieci”.
Comincia così una nuova giornata di lavoro in redazione, scandita dal magico squillio di WhatsApp che mi accompagna lungo l’arco della giornata.
Anch’io ho ceduto ormai da tempo alle lusinghe del programma di messaggistica istantanea che ha sbaragliato i vecchi Sms (è gratis, mi dicevano gli amici) conquistando ben 800 milioni di persone che oggi lo utilizzano abitualmente nel mondo.
Faccine, emoticons, foto… Mi sono trovata catapultata di colpo in un turbinio di relazioni sociali virtuali, a volte anche impegnative da gestire: il gruppo dei genitori della classe di mio figlio, quello della squadra di basket, e poi ancora gli amici della spiaggia.
Già perché il bello è la possibilità di creare i gruppi, un modo per tenere insieme persone unite da un medesimo interesse o più semplicemente dal fatto di essere amiche.
Mio figlio di undici anni si scambia i compiti con i compagni su WhatsApp. Qualcuno si è dimenticato il libro a scuola? Et voilà, ecco la foto della pagina da studiare che arriva nella chat di classe.
Ad agosto, appena rientrata dalle ferie, continuavo a ricevere i messaggi degli amici del gruppo “Sole-Mare” che programmavano allegre gite in barca e serate in pizzeria mentre io ero in ufficio davanti al computer, con mio grande scorno.
Adesso, ad autunno inoltrato, mi capita di leggere le comunicazioni più disparate: dalle lamentele sui libri di scuola non ancora arrivati da parte delle mamme della classe di mio figlio, al calendario degli incontri della squadra di basket, fino ai programmi per il weekend degli amici. Difficile trovare il tempo per rispondere a tutti.
A volte mi sento disorientata e anche imbarazzata. Perché WhatsApp è una grande piazza virtuale dove si parla come in un megafono: ti ascoltano tutti, almeno dentro i gruppi. E allora bisogna stare attenti a rispettare una certa “netiquette” ovvero un insieme di regole di comportamento ispirate alle buona educazione. Per esempio abbandonare un gruppo senza salutare e dare spiegazioni è come andarsene da una festa sbattendo la porta. Gli altri ci restano male e si chiedono perché.
Rispondere in modo sarcastico a un messaggio vuol dire mettere alla berlina qualcuno davanti a tutti, non a caso l’uso distorto che gli adolescenti fanno di WhatsApp l’ha tramutato a volte in uno strumento per il cyberbullismo (mi stai antipatico e ti espello dal gruppo).
Su Confidenze di questa settimana pubblichiamo la spassosissima storia vera raccolta da Giovanna Sica: “Il gruppo su WhatsApp” dove l’autrice racconta la giornata di quattro amiche lontane, giunte alle soglie dei quaranta, che attraverso il gruppo da loro creato “Tempo per noi” riescono a stare insieme e ad arricchire quotidianamente la loro amicizia. Vi lascio qualche assaggio del racconto: “Mariti che a volte deludono e a volte sorprendono, fidanzati veri e presunti, figli che crescono, amici che spariscono, lavori che cambiano, genitori che invecchiano. Tutto qua dentro, nel gruppo, fra di noi. Una cordata di parole, faccine, foto che mischiano il nostro tempo e fanno più larghe queste nostre vite”.
Quando si dice che la tecnologia cambia la vita…
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