Settimana scorsa ho fatto un’intervista a Riccardo Fogli (la trovate su Confidenze in edicola adesso) e ho scoperto una bellissima persona. Perché nonostante una vita piena zeppa di successi (sia con i Pooh sia da solista), è uno che proprio non se la tira. Per niente.
Non a caso, la chiacchierata ha toccato poco l’argomento musica ed è stata molto più intima. Nel senso che Riccardo mi ha parlato della sua infanzia, dei genitori, delle donne che ha amato, dei figli. Insomma, più che un appuntamento professionale, il nostro sembrava un incontro tra amici che avevano voglia di raccontarsi (anche se, è ovvio, l’ha fatto solo lui).
Così, come può succedere mentre sei vicino a qualcuno con cui sei in grande confidenza, tra tante altre il signor Fogli mi ha rivelato una cosa che io condivido al 100%. Cioè, che Per essere felici basta davvero poco (è il titolo dell’intervista).
In realtà, io sto passando un momento della vita zero scoppiettante. Ma questo non mi impedisce di gioire, ogni tanto, per piccoli dettagli che assorbo come fossero nettare in grado di addolcire le difficoltà. E quando capita, tutti i pensieri (nefasti) se ne vanno, lasciandomi il permesso di farmi anche qualche sonora risata. Esattamente come se tutto filasse liscio come l’olio.
Sono pazza? Non mi rendo conto della situazione che ho intorno? Assolutamente no. Lucida come un killer e sul pezzo come una giornalista d’assalto, tento di non abbandonare mai la concentrazione che mi serve per catturare il più piccolo spiraglio di serenità.
Da un lato, l’ansia di vedere comunque il bello mi è stato insegnato dai miei genitori, che non smetterò mai di ringraziare. Dall’altro, credo appartenga all’indole che ti porti dietro sin dalla più tenera età. E che non ha nulla a che vedere con il tuo passato.
Lo dico perché l’infanzia di Riccardo Fogli e la mia sono state agli antipodi. Eppure, ci siamo entrambi ritrovati grandi con la stessa scala di valori e la medesima idea della felicità. Che descrivo facendo mie parole sue: «Non è sfrecciare in Ferrari, ma guidare una Vespa. E poi, potare le rose che coltivo per mia moglie».
In queste due frasi a mio parere c’è di tutto di più. Intanto, il concetto dell’accontentarsi. Che, attenzione, non ha nulla a che vedere con il rassegnarsi. Rispetto alla Ferrari, infatti, la Vespa rappresenta uno stile di vita discreto e votato all’avventura. Quindi, va da sé che balzarle in sella e girellare di qua e di là dà molta più gioia di mettersi al volante di un vistoso bolide rosso, per correre in fretta e furia chissà dove.
La seconda dichiarazione di Fogli, poi, sottolinea il piacere di raccogliere i risultati del proprio lavoro. Non solo di quello professionale, ma anche delle piccole attività che riempiono le nostre giornate: potare, appunto, le rose del giardino. Preparare una cena per gli amici. Accompagnare la mamma anziana un po’ a spasso. Proporre un aperitivo ai figli e accorgerti che sono contenti di prenderlo con te.
Quisquilie? Per molti probabilmente sì. Per me, invece, poter spuntare le voci dell’elencuzzo sopra è la prova che in tanti anni sono riuscita a creare un mondo che marcia al mio passo. Altra frase rubata a Riccardo, il quale dichiara di essere nato maratoneta. E di continuare a esserlo nonostante il successo.
Per scoprire cosa significa vi consiglio di leggere la sua biografia, Predestinato (metalmeccanico), appena uscita in libreria con tanto di Cd e audiolibro. Vi accorgerete che la fama non ha modificato le sue Storie di tutti i giorni. Fogli, infatti, spesso le inizia stendendo il bucato con la maestria di una massaia navigata. Il suo e quello di suo figlio grande, che abita accanto a lui.
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