I personaggi sono tre. Il cuckold – il marito, il cornuto volontario che si scalda solo se vede la sua donna posseduta da un altro. La sweet- sua moglie, dea della bellezza, sinceramente esibizionista, che di buon grado si presta al gioco. Il bull- lo stallone innamorato, che volentierissimo sostituisce il marito. Sono loro a raccontarsi a turno nel magnifico romanzo Il gioco di Carlo D’Amicis, in cinquina allo Strega. Se vincesse il premio sarebbe un ornamento per la biografia, ma quel che conta è che si tratta di un prodigio narrativo senza uguali. Lo scandalo non è nell’argomento – sesso, sesso, sesso – ma in questo inaudito capolavoro della lingua italiana, nel rapimento delle pagine, nell’umorismo insolente e sacralizzante che lo pervade, nel rovesciare ogni morale fino a una moralità cristallina.
Ipocrita lettore (e io più di te) che farai leggendo il libro? Farai finta che si stia parlando di altri, e non di noi? Meglio abbandonarsi e lasciarsi smascherare, farsi radiografare dalle pagine guardandosi allo specchio, e sorridere della natura umana. Questo mostro scrive di sé per screditare l’umanità intera (Kazimier Brandys, su Paul Léautaud).
Ci siamo dentro fino al collo in questo Decamerone, o meglio Mille e una notte, dove una storia fiorisce dall’altra senza fine, e le sorprese, e le sorprese delle sorprese, un teatro che stordisce e accoglie, dove un mago creatore trasforma le baracche di lamiera in villette sul mare e ti fa credere alla fiaba- Eva e sua madre, perseguitate dalla mafia, finalmente trovano la casetta nel bosco- e poi con un tratto di penna irrompe la realtà sguaiata, ma impotente a mutare la gloriosa l’anarchica diversità dei personaggi – e sempre, all’angolo, il miracolo è in agguato.
Qui il sesso, l’incommensurabile privato, diventa una festa campestre alla quale siamo invitati tutti, un Luna Park stellare dove si affacciano Geppetto e Alice, con momenti intollerabilmente osceni e celesti – la morte di Giacomo, il poeta (omaggio burlesco e misericordioso a Giacomo Leopardi) accompagnata da un’orgia in suo onore. L’amore, mai così deriso, compreso, innalzato nella sua assurdità – la più alta cognizione del dolore, che sorride di tutto e a volte sghignazza.
Questo libro esilarante e terribile è una Pietà. Ci tiene sulle ginocchia, ci culla senza illuderci- e contiene in sé quel verso di Sandro Penna Scrivano, annota: la tenerezza. Non è un libro, è IL libro. (Finora è stato scritto e filmato di tutto, è stato oltrepassato ogni confine della pornografia e della sua forma più accorata- il sadismo- perché il libro di D’Amicis fa tanto scalpore? Perché è vero).
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