Grecia, Baleari. Ma anche mete lontanissime come Thailandia o Giappone.
Nel periodo in cui la gente sta tornando dalle vacanze con la voglia di raccontarle, continuo a sentir nominare queste destinazioni. Che confermano quanto noi italiani snobbiamo la bellissima Italia.
Certo, le ferie estive sono lunghe, quindi perfette per andare a visitare il mondo. Eppure, anno dopo anno continua a stupirmi la poca curiosità nei confronti del Belpaese. Tant’è che conosco persone che hanno girato l’intero Pianeta ma, magari, non sono mai andate in Basilicata.
Attenzione: anch’io amo viaggiare e non mi azzardo a criticare nessuno. Semplicemente, mi chiedo come mai le nostre regioni, che attirano orde di turisti stranieri, siano da noi così poco considerate.
Ve ne parlo perché su Confidenze in edicola adesso c’è un articolo, Alla scoperta dell’Italia selvaggia, che segnala spettacolari percorsi sulla costa o in alta quota lungo tutto lo Stivale.
Già il fatto che gli itinerari siano siano distribuiti tra il mare e i monti è la prova che il nostro Paese è capace di assecondare tutti i gusti. Se a questo aggiungiamo che propone anche una cucina da leccarsi i baffi, ecco spiegato il motivo per cui molto spesso preferisco spostarmi dal Trentino alla Calabria (isole comprese) piuttosto che avventurarmi oltre confine.
Sì, insomma, sarò un tipo terra-terra. Ma se sono stata più o meno in tutta Italia e ho intenzione di proseguire con le mie visite è perché ovunque si va si mangia da dio.
In realtà, succede anche altrove. Però, volete mettere la Francia? I suoi manicaretti sono una goduria. Ma all’ennesimo piatto annegato in qualche salsina comincio a sognare un bel riso in bianco.
Lo stesso succede negli Stati Uniti, la patria degli hamburger e le T-bone di cui vado matta. Eppure, anche lì (troppo in fretta) arriva il momento in cui mi viene voglia di diventare vegetariana.
Passiamo, allora, all’Oriente. Dove le spezie danno lo stesso sapore a tutti i cibi, che si differenziano solo per la consistenza: l’unico indizio che rivela se stai masticando carne o verdura.
In Italia, invece, stancarsi della cucina è impossibile. E la varietà delle nostre ricette mette a tacere quegli stranieri spiritosoni che, insieme alla mafia e al mandolino, amano associarci agli spaghetti. Senza sapere di cosa parlano.
I poveretti, infatti, ignorano che da noi esistono circa 300 formati di pasta. Di grano, all’uovo o ripiena. Tutta pronta per essere condita con la carne (in primis, con il ragù alla bolognese). Le verdure (spaziando dalle melanzane siciliane al pesto ligure, alle cime di rapa pugliesi). Ogni genere di pesce (tra i quali vongole, cozze e ricci di mare). Il formaggio (e qui l’applausone va al cacio e pepe romano).
Non solo. Vorrei ricordare che nel Belpaese tanta scelta viene proposta in posti da favola. Per esempio, i pansoti alla salsa di noci nella piazzetta di Portofino. Mentre la mozzarella in foglia di limone sulla costiera Amalfitana.
L’elenco che mette d’accordo il piacere del palato e il gaudio dello sguardo può continuare all’infinito. Con i pici all’aglione trangugiati sulle colline fiorentine. I bucatini all’amatriciana mangiati ad Anagni. Gli spaghetti alla Maratea, appunto a Maratea. I fusilli con la nduja a Tropea. Le lasagne con il pesto di cavolo nero e gamberi a Gallipoli. Le busiate alla trapanese nella Riserva dello Zingaro. I malloreddus alla campidanese sulle paradisiache spiagge della Sardegna.
Lo so, anche feta, paella, pad-thai e sushi non sono male. Ma sempre gli stessi a Santorini e Mykonos. A Ibiza come a Barcellona. A Bangkok e a Pukhet. A Tokyo e a Kyoto. Una monotonia allucinante, che voglio commentare alla Sandra Mondaini: «Che noia che barba, che barba che noia»!!!
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