“Passai la notte precedente al mio primo giorno di insegnamento in una eccitata sequenza di silenziosa masturbazione, sul mio lato del materasso, incapace di prendere sonno. Per andare a letto avevo indossato, in segreto, una sottoveste di seta e delle mutandine sottili, ovviamente sotto la vestaglia, in modo che mio marito Ford non potesse aggredirmi. Ford vuole sempre rovinare lo scenario. Trovo divertente che la gente pensi che siamo la coppia perfetta solo basandosi su come appariamo. Durante il discorso da testimone al ricevimento del nostro matrimonio, il fratello di Ford disse: «Voi due siete il perfetto lui e la perfetta lei della lotteria genetica». La voce impastata da palpabile invidia, aggiunse che i nostri volti sembravano ritoccati con Photoshop. Invece che concludere con un brindisi, si limitò ad appoggiare il microfono sul tavolo dopo quest’ultima frase, e ritornò a sedere. La sua compagna aveva uno sguardo accidioso che tutti facemmo finta di ignorare, per buona educazione. Inutile dire che dovrei trovare Ford attraente; tutti lo trovano attraente.
«È troppo bello, – mormorò una delle mie compagne di confraternita la sera dopo il nostro primo appuntamento, ai tempi del college. – Non riesco nemmeno a guardarlo senza sentirmi strizzare in mezzo alle gambe». A dire il vero, il mio problema con Ford è l’età. Come la maggior parte dei mariti delle donne che si sposano per denaro, anche il mio è troppo vecchio. Dal momento che io ho ventisei anni, lui ha grosso modo diciassette anni in più rispetto alla fascia di età che mi interessa dal punto di vista sessuale. Immagino che il matrimonio con Ford mi sia servito anche solo per l’anello, che ha dato una calmata alla frenetica andatura con la quale i maschi idioti mi urtavano la vita di tutti i giorni”.
I fatti accaduti negli ultimi giorni a Prato (‘ultimi giorni’ è da intendersi in relazione al tempo-notizia e non a quello di svolgimento degli eventi, evidentemente di gran lunga antecedenti a quanto li ha fatti uscire fuori dall’anonimato della normale quotidianità) relativi agli abusi sessuali e alla conseguente paternità di un ragazzino di quindici anni mi hanno riportato alla mente questo romanzo che avevo letto qualche anno fa e che mi aveva stupita per il coraggio narrativo dell’autrice e in fondo anche per quello delle case editrici interessate. Nella realtà si parla di una infermiera di trentacinque anni, oggi neomamma, sposata, che avrebbe avuto una relazione con il figlio di una donna conosciuta in palestra e al quale aveva cominciato a impartire delle ripetizioni di inglese. I genitori avevano notato uno stato di confusione e agitazione nel giovanissimo e, dopo averlo ‘pressato’ per capire cosa stesse accadendo, è arrivata la rivelazione.
Nel romanzo Celeste è una insegnante sposata che sceglie di intraprendere la carriera scolastica proprio per poter stare il maggior tempo possibile con i ragazzi appena diventati uomini nel corpo ma ancora bambini emotivamente e caratterialmente. L’autrice non fa sconti e il linguaggio non ha censure; il piacere in cui Celeste si rifugia, prima solo nei pensieri e poi instaurando vere relazioni con i suoi studenti Boyd e Jack, è narrato senza moralismi, senza veli, senza (pre)giudizio, ma soprattutto senza accondiscendenza verso i finali che il regno della fantasia rende leciti. Nessuno può salvarsi da una perversione e dalle sue emanazioni, dalle sue trappole. Il marito, i giovani, le famiglie, tutti usciranno sconvolti dalla rete di Celeste tranne lei, convinta della ‘bontà’ delle proprie pulsioni. La letteratura è scienza del coraggio e della ricerca; cercare di capire e osservare quanto non vorremmo mai ammettere possa davvero esistere è un compito necessario, figlio dei tempi, testimone di una umanità mai perfetta, spesso non governabile all’interno di schemi precostituiti e socialmente desiderabili.
Alissa Nutting, La lezione, Einaudi
Ultimi commenti