La mia estasi personale

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Sull’ultimo numero di Confidenze la storia vera: Extasi, raccolta da Antonella Tomaselli, dove la protagonista racconta di aver vissuto l'esperienza dell'estasi

La parola estasi deriva dal greco ekstasis e  significa “uscire da sé” , essa indica uno stato di stupore dalla mente dove si ha l’impressione che questa abbandoni il corpo ed entri in un’altra dimensione.

Confesso che sono dovuta ricorrere alla vecchia Enciclopedia Treccani per trovare una definizione il più rigorosa possibile per  un’esperienza, quale l’estasi, che la maggior parte di noi non ha potuto provare.

Ciò non toglie però che ciascuno abbia poi una sua visione di cosa intendere per “estasi” e che non per forza debba coincidere con una dimensione spirituale.

Personalmente ricordo di aver sentito qualcosa di simile alla beatitudine in un pomeriggio assolato al mare,  di tanti anni fa: ero seduta sotto l’ombrellone, e avevo appena finito di allattare mio figlio,  teneramente addormentato tra le mie braccia. Attorno a me la distesa argentea del mare, la luce accecante del meriggio, il silenzio, regalavano uno spettacolo unico. Ho impresso nella mente quell’istante come uno dei momenti di assoluta pienezza vissuti in totale solitudine con mio figlio (mio marito era affaccendato tra surf e barche a vela).

Vi invito a leggere sull’ultimo numero di Confidenze la storia vera: ” Extasi”, raccolta da Antonella Tomaselli, dove la protagonista, Sabrina, durante un viaggio di lavoro in Inghilterra, in visita alla famosa Abbazia di Sant’Agostino a Canterbury, (la vedete nella foto) racconta di aver vissuto l’esperienza dell’estasi. Non vi anticipo nulla, perché l’autrice ha  descritto magistralmente lo stato di pienezza e nel contempo di estraniamento provato dalla donna. Nel servizio trovate anche il commento  di Don Luigi Poretti che ci spiega il punto di vista della Chiesa cattolica su un tema ancora controverso.

Per concludere, mi piace ricordare che Dante nell’ultimo canto del Paradiso, il XXXIII, trovandosi di fronte alla visione beatifica di Dio, confessa tutta la sua difficoltà a trovare le parole adeguate a descrivere tale esperienza di beatitudine suprema,  con le famose terzine:

« Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige | per misurar lo cerchio, e non ritrova,| pensando, quel principio ond’ elli indige, |tal era io a quella vista nova: |veder voleva come si convenne |l’imago al cerchio e come vi s’indova; | ma non eran da ciò le proprie penne: |se non che la mia mente fu percossa |da un fulgore in che sua voglia venne. |A l’alta fantasia qui mancò possa; |ma già volgeva il mio disio e ‘l velle, |sì come rota ch’igualmente è mossa, |l’amor che move il sole e l’altre stelle. »  (Paradiso, canto XXXIII, vv. 133-145) .

Senza pretendere di emulare il sommo poeta, sarebbe bello che qualcuna di voi ci raccontasse la sua personale visione dell’estasti, al di là delle convinzioni religiose di ognuno.

 

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