Sono reduce da una vacanza in giro per gli Stati Uniti, trascorsa fianco a fianco, 24 ore su 24, con mio figlio quattordicenne e mio marito, e mai come in questi quindici giorni ho potuto constatare l’effetto dirompente dell’adolescenza su di un ragazzino. Il mio tenero bambinone, un po’ timido e impacciato, ha ceduto il posto a un ragazzino disinvolto e sicuro di sé, pronto sempre a criticare e contraddire gli adulti su ogni cosa, più simile a una piccola belvetta che al mio tenero cucciolone.
Così, se in macchina bisognava cercare su Google Maps i distributori di benzina più vicini o un motel nella zona, ecco che lui interveniva scuotendo il capo: «Ma mamma.. non sei proprio capace, non si fa così. Dài a me che cerco io» e da nativo digitale risolveva subito il problema.
Se la sera non si sentiva coinvolto nella scelta del ristorante dove andare a mangiare, faceva l’offeso rintanandosi in un “Ecco io non conto niente, decidete sempre tutto voi due”.
Per non parlare del tempo trascorso davanti al cellulare, tra giochini vari e messaggi, tanto che a un certo punto davanti al nostro ennesimo invito, rimasto inevaso, a guardare il paesaggio e non il display dello smartphone, è scattata la minaccia del sequestro.
Insomma questa convivenza di 24 ore su 24 in paesaggi da sogno, tra canyon mozzafiato e sterminati deserti dell’Arizona mi ha fatto scoprire come sta cambiando mio figlio, rivendicando le prime autonomie e prendendo coscienza della sua personalità. Anche se, come tutti i suoi coetanei, a volte ritornava improvvisamente bambino, come quando in albergo prima di addomentarsi guardava sul cellulare la foto del suo gatto rimasto in Italia, mormorando un «ciao, Codino buonanotte» e poi veniva da me nel lettone per le ultime coccole prima di dormire.
La verità è che il tempo condiviso insieme è prezioso e fecondo ed arricchisce tutti quanti. Non è sempre vero che conta la qualità, a volte la differenza la fa anche la quantità.
In quelle ore infinite di macchina lungo le strade della California e poi su per i tornanti che si srotolano verso i grandi parchi naturali dell’Arizona lui ci ha deliziati con tanti aneddoti e racconti di compagni di scuola, che durante l’anno, nelle serate frettolose davanti a un piatto di pasta e i compiti da finire, non aveva tempo e voglia di condividere con noi e che invece nell’atmosfera rilassata e sospesa delle vacanze, sono riaffiorati, rendendoci partecipi di pezzi importanti della sua vita.
Adesso che ognuno è ritornato ai propri posti di combattimento, per così dire, mi sono ripromessa nei limiti del possibile di passare più tempo con lui. Proprio ora che è adolescente e che cominciano le prime uscite con gli amici, direte voi? Sì perché forse adesso più di prima i ragazzi hanno bisogno di una guida, un confronto, qualcuno con cui anche scontrarsi, ma che possa indicare loro la direzione giusta.
Per questo ho letto con commozione su Confidenze la storia vera di Laura Gaggianesi Il tatuaggio di mio figlio, perché parla dei tanti problemi con cui ci dobbiamo confrontare noi genitori alle prese con figli che sembrano ogni giorno di più degli estranei, chiusi nei loro smartphone e nella loro incomunicabilità, capaci di risponderci a monosillabi. Sta a noi trovare la chiave giusta per aprire il loro cuore, far fare quello scatto a una serratura che solo apparentemente è chiusa e impenetrabile.
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