“In un giorno di tarda estate, quando mosche particolarmente grosse ronzavano dietro i vetri chiusi, la bambina e la sorella maggiore dovevano andare per la prima volta dal parrucchiere. La sorella maggiore non voleva assolutamente farlo: pestò i piedi per la rabbia e, quando la madre cercò di tirarla fuori di casa, si ancorò saldamente con entrambe le mani al telaio della porta. Strillava come una bambina piccola, nonostante avesse già nove anni. Alla fine morse la mano della madre, che le diede un ceffone ma non insistette più per farla uscire. La bambina più piccola si girò ancora una volta verso la porta e indicò alla sorella maggiore un uccellino. Per lei quel comportamento era assolutamente incomprensibile. In fin dei conti, dovevano farsi fare i riccioli e avrebbero profumato come fiori, come dame raffinate. Poi la bambina percorse emozionata una strada polverosa, tenuta per mano dalla madre. Sugli alberi da frutto le mele si coloravano di rosso, ma provocavano ancora il mal di pancia. Un gruppo di uomini con i vestiti a righe camminava verso di loro, scortati da tre soldati, uno dei quali salutò la madre alzando un bastone. Gli uomini a righe erano magri, avevano occhi grandi e capelli tagliati in modo strano sotto il berretto. Anche loro devono andare dal parrucchiere, pensò la bambina. «Non guardare» disse la madre. La bambina ebbe paura degli uomini che non la guardavano e si muovevano come se in loro non ci fosse più spazio per nessuno. La bambina e la madre arrivarono a una sbarra rossa e bianca. La madre mostrò un pezzo di carta su cui era incollata una sua piccola fotografia, poi dovette firmare qualcosa. La bambina si drizzò e guardò lungo la recinzione infinita, meravigliandosi che sul filo non ci fosse alcun uccello”.
1963, Francoforte. Eva Bruhns è una giovane interprete dal polacco, vive con i suoi genitori, proprietari e gestori di una locanda, e con la sorella infermiera Annegret e il fratellino Stefan. È per caso, a causa di un visto non concesso all’interprete incaricato, che la ragazza viene coinvolta dalla sua agenzia nel processo contro alcuni ex membri delle SS. Eva sa poco della storia che ha visto coinvolto il suo paese, durante la guerra era molto piccola e, questo lo ricorda, abitava al sicuro, in una casina di pietra dove non giungeva il rumore degli spari ma, a tratti, solo un odore acre, un fumo che si levava poco oltre, da una alta ciminiera. Un fumo denso.
Quando Eva racconta ai suoi genitori di aver accettato l’incarico non capisce il perché della loro reazione: li ha visti irrigidirsi, sbiancare. Anche Jürgen, il suo ricco ed elegante fidanzato, non sembra entusiasta. Eppure, si chiede Eva dopo aver assistito alle prime, sconvolgenti, dichiarazioni, qualcosa devono pur aver saputo, visto, sentito. I testimoni parlano di crimini pazzeschi, prolungati nel tempo, accusano il suo Paese di sterminio sistematico.
Pagina dopo pagina accompagneremo Eva a ritroso nei suoi ricordi, ricordi che pian piano faranno riaffiorare una verità che non dev’essere detta e che la porterà a dover compiere scelte drammatiche, in una tensione emotiva fortissima tra le leggi del cuore e quelle della giustizia, della morale, dell’umanità.
Continua anche questa settimana il nostro viaggio nelle letture che ci fanno scoprire aspetti e prospettive necessarie a capire il nostro passato recente, un passato indigesto che ha mortificato molte nazioni, tentato di annullare popoli e culture ma che, grazie alla letteratura e agli sguardi diversi e inconsueti, prende posizione, ferma, per testimoniare e non far mai venir meno il senso necessario della Memoria.
Annette Hess, L’interprete, Neri Pozza
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