Quando in redazione abbiamo letto la notizia che Naomi Campbell è diventata mamma a 51 anni tra di noi si è scatenato nell’ordine stupore, ammirazione, gioia (invidia?), curiosità ed è nato subito un chiacchiericcio spontaneo fatto di altri esempi portati all’ordine del giorno: “Be’ in fondo anche la Nannini cos’ha fatto, e vi ricordate Carmen Russo? La ballerina? Anche lei è diventata mamma a 50 anni. E anche Alessandra Martinez allora a 49…”.
Segno che l’argomento interessava tutte, nonostante tutte noi siamo madri felici ormai da anni e abbiamo esaudito il nostro desiderio di maternità. Sicuramente la notizia che una top model come Naomi abbia ceduto all’istinto e al desiderio più naturale del mondo di mettere al mondo un figlio, ce l’ha fatta sentire più vicina di quanto non lo sia mai stata solcando le passerelle di mezzo mondo.
Io stessa ho pensato “Ah alla fine ha capitolato.. . anche lei dunque” soddisfatta per questa bella conferma del fatto che non c’è bellezza, successo e soldi che tengano davanti a un frugoletto di poche ore al suo primo vagito.
Poi naturalmente sulla top model si è scatenata la caccia al tesoro… ovvero scoprire chi è il padre della bambina, visto che nessuno è mai riuscito a immortalare la Venere nera incinta (chissà se è stata una scelta dettata dalla discrezione, sicuramente se avesse voluto sfruttare mediaticamente la sua gravidanza avrebbe avuto solo l’imbarazzo della scelta tra i magazine disposti a tutto per averla in copertina). Invece Naomi si è limitata a postare l ‘annuncio su Instagram così”: Una piccola splendida benedizione mi ha scelto come madre, sono così privilegiata per avere questa anima gentile nella mia vita. Non ci sono parole per descrivere il legame eterno con te, mio angelo. Non c’è amore più grande”.
Parole che ci dicono come nel XXI secolo la maternità, così tanto rivendicata come esperienza da declinare anche al maschile (i nuovi padri insegnano…) sia in realtà un territorio sempre più di dominio femminile, dove è la donna a decidere non solo quando fare un figlio e con chi, ma anche se farlo da sola.
Non mi interessa sapere il corredo cromosomico della piccola Campbell (di cui finora si ignora anche il nome di battesimo ma che tutti si aspettano diventi bellissima come la madre). Mi ha colpito il post della nonna: Valeria Morris-Campbell che ha così commentato su Instagram la nascita della nipotina:
“Congratulazioni a mia figlia Naomi per la nascita di sua figlia, sono emozionatissima, ho atteso a lungo di diventare nonna”. È quello che scriverebbe qualsiasi neo-nonna , c’è tanta normalità in tutto ciò e un passaggio ideale del testimone, quello del diventare madri da una generazione all’altra.
Su Confidenze, Maria Rita Parsi ha commentato la notizia rispondendo alla lettera di una donna che parla di “gravidanza della vittoria” per aver messo al mondo un figlio a un’età in cui si entra in menopausa. E qui secondo me bisogna stare molto attenti anche ai messaggi che si lanciano alle giovani donne. Perché per una Campbell o una Nannini che partoriscono a 50 anni (e hanno mezzi economici per scegliere come e quando diventare madri) ci sono migliaia di donne che arrivano alla soglia dei 40 anni e si sentono dire che è troppo tardi per concepire un figlio, che il loro organismo non è più così giovane per far attecchire una gravidanza. Il rischio insomma è che l’eco mediatica di queste gravidanze da star faccia illudere tante ragazze che la scienza può tutto e che ormai si può avere un figlio a ogni età. Ma non è così.
Riguardo poi alle energie che servono per crescere un bambino seguendolo in ogni sua meravigliosa evoluzione, guardando alla mia esperienza, (sono diventata mamma alla soglia dei 40) ricordo i primi anni di vita di mio figlio come un’iniezione di energia, entusiasmo, voglia di fare e ottimismo per il futuro, come non ne ho mai più avuta. Certo la stanchezza c’era, ma la gioia di vedere i piccoli progressi e cambiamenti era tale da offuscare ogni sacrificio. La maternità è un’esperienza così totalizzante e trascinante che ti toglie di dosso almeno dieci anni di vita. Quindi sì alle gravidanze della vittoria, vittoria della vita.
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