Mi pare del tutto condivisibile la provocazione promossa dall’attrice Ambra Angiolini che qualche settimana fa, l’1 maggio, dal palco dell’annuale concerto allestito a Roma in occasione della Festa dei lavoratori, ha detto: «Avvocata? Ingegnera? Tenetevi le vocali e dateci la parità salariale».
Far valere i propri talenti con ogni mezzo
Il messaggio è chiaro: voi uomini presidiate ancora massicciamente i posti e i luoghi di potere in ogni settore della vita sociale, creativa, sanitaria, imprenditoriale, amministrativa e governativa. Noi donne, però, non tolleriamo più che possiate sottovalutare la parità piena dei diritti delle lavoratrici, non concedendoci adeguati trattamenti economici e lo spazio nei ruoli apicali. Perché voi cari uomini, sottovalutate i nostri diritti quando ci proponete, come unico e solo sostegno, di cambiare le vocali al termine di una parola, come per esempio da “avvocato” ad “avvocata”, da “magistrato” a “magistrata”.
Il messaggio dell’attrice è forte, importante. Ma non dimentichiamo che le parole, scritte o pronunciate a voce, possiedono un immenso valore. Un valore antico, radicante, identitario.
Il linguaggio riflette sempre novità e cambiamenti affettivi, educativi, sociali, culturali e spirituali. Per esempio, al giorno d’oggi, attraverso le parole possiamo constatare quanto è cambiato il rapporto tra mondo maschile (e patriarcale) e femminile. In questo senso, utilizzare la lingua italiana in maniera “non sessista” non significa mancare di rispetto né trascurare la tradizione linguistica e letteraria del nostro Paese. Anzi, al contrario, vuol dire valorizzare progressi e cambiamenti, donando alle parole il potere di descrivere e rappresentare al meglio la realtà.
Significa anche considerare le battaglie che le donne promuovono per affermarsi nel mondo del lavoro, del sociale e della creatività esigendo, anche dal punto di vista economico, che il loro valore sia rispettato tanto quanto quello degli uomini. Che il valore e i talenti femminili siano rispettati dai maschi, ma anche dalle “donne nemiche delle donne”, che contribuiscono a convalidare ingiustizie e discriminazioni con la loro manipolativa adesione ad antiquati criteri di svalutazione del lavoro femminile.
A questo proposito, mi preme esemplificare uno dei più sgradevoli luoghi comuni di cui siamo vittime noi donne: le casalinghe considerate come mantenute dal marito o dal compagno. Così non è, perché oggi, il lavoro in casa, quando non è svolto dalle mogli o dalle madri, costituisce un notevole esborso per le famiglie: quanto spendiamo per colf, badanti e baby sitter? Inoltre, pur considerando la provocazione di Ambra Angiolini importante e significativa, vorrei ricordare che, a ben riflettere, la lingua italiana (con tutte le sue vocali!) non appartiene solo agli uomini: spetta anche a noi scegliere come utilizzarla e come modificarla. Ovviamente non accontentandoci di cambiare le parole, ma provando a utilizzare questa evoluzione come un tassello in più per l’emancipazione. ●
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Articolo pubblicato su Confidenze n. 20 2023
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