Sono una gran mangiona, ma difficilmente ho fame: per me sedermi a tavola è sempre stata una fonte di tale gioia che mi sbafavo tutto quello che avevo nel piatto (e leccavo pure le pentole in cucina neanche fossi un labrador alle prese con la sua ciotola). Però, se non avevo l’occasione di fermarmi per l’ora di pranzo oppure a quella di cena ero al cinema, il mio stomaco se ne stava tranquillo e pacifico, senza mandarmi alcun segnale rabbioso.
Essendo poi sempre stata in lotta con la bilancia, non esisteva che io sbocconcellassi qualcosa fuori dai pasti ed era raro che mi concedessi un aperitivo: più che un appuntamento delizioso, un vero attentato alla linea.
Tutto questo ve l’ho raccontato al passato, perché la quarantena a cui siamo obbligati ha trasformato le nostre abitudini. Comprese quelle che riguardano il cibo, a partire dalla spesa.
Nel mio caso personale, fino a un paio di settimane fa la facevo un po’ alla cavolo e non certo con la lucidità maniacale che ci metto adesso. Sia nei tempi sia nella scelta degli alimenti. Ma andiamo con ordine.
Code al supermercato e terrore di avvicinarmi al titolare di una minuscola botteguccia dove è impossibile mantenere un metro di distanza, mi hanno imposto la nuova regola di acquisti mirati e organizzati per un bel po’ di giorni.
Quindi, esco di casa con una lista precisissima (anche se eventuali dimenticanze mi darebbero la scusa per mettere naso fuori una seconda volta) e tento orari improbabili per non incontrare gente.
Una volta rientrata, poi, stilo subito una serie di menù per le prime colazioni, i mezzogiorno e per le sere a venire, con la precisione del cuoco di una pensioncina sul mare. Il tutto per non rischiare di buttare via neanche una briciola di ciò che ho comprato. Per assicurare al mio organismo in prigione quello di cui ha bisogno (sul numero di Confidenze in edicola adesso trovate i 10 alimenti per 10 disturbi di primavera). Ma, soprattutto, per aver qualcosa di bello a cui pensare in questi giorni in cui piangerei 24 ore su 24.
Morale, appena sveglia non sgarro: dopo i 40 minuti di ginnastica che oggi mi servono per non sclerare più che per mantenermi in forma, mangio un kiwi, accompagnato da fermenti lattici e caffè, all’insegna della salute.
A pranzo alterno paste con verdure, minestroni e insalatone sostenute, sempre per fare il pieno di vitamine. Mentre alla sera metto nel piatto le proteine, tentando così di non andare a letto appesantita.
A tanto rigore, però, ho dovuto per forza aggiungere il mio (ex) nemico numero uno: l’aperitivo. Che oggi vivo come l’appuntamento più figo e gratificante delle mie giornate di angoscia.
Perciò, con gli orari completamente sballati che il coronavirus ha decretato, verso le 17 il mio fidanzato e io iniziamo a guardarci furbetti come se stessimo per combinarla grossa. Aspettiamo un po’ (dilatare i tempi di questi tempi è fondamentale) e poi tiriamo fuori i bicchieri. Ancora qualche minuto, ed ecco comparire, nell’ordine, aperol, vino bianco e acqua minerale. Quindi, scaraventiamo sul tavolo il pezzo forte del nostro happy hour: un sacchettone enorme di patatine che renderà il nostro spritz più buono che mai.
Viviamo quel magico momento come un regalo divino, tant’è che a volte iniziamo a parlarne già al mattino, con un entusiasmo tra il patetico (si tratta di spritz e patatine!!!) e il denso: è proprio vero che quando la vita si ingarbuglia, ti mette nelle condizioni di apprezzare anche il più piccolo dettaglio.
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