I mestieri di una volta stanno sparendo, non è una novità che professioni come il falegname, il tappezziere, la sarta e il calzolaio tanto per citare le più comuni, siano ormai in disuso, specie nelle grandi città, sostituite dalla cultura dell’usa e getta.
Quando un oggetto si rompe siamo portati a comprarne subito uno nuovo, senza neanche pensare ad aggiustarlo. Un po’ perché certi articoli hanno ormai un costo talmente basso (tipico caso l’ombrello) che non vale la pena farlo riparare, e un po’ perché è venuta meno proprio l’abitudine ad aggiustare le cose. Provate a cercare a Milano un calzolaio che ripara le borse, o a far aggiustare la gamba di una sedia di legno, vi toccherà fare il giro della città alla ricerca di un falegname (che non sia un restauratore di mobili antichi, abituato a cachet da capogiro). Per non parlare dei tappezzieri. Ormai rinnovare la fodera dei divani è diventato più dispendioso che comprarselo nuovo. In questa cultura del consumo forzato, dove per giunta il lavoro artigianale viene di continuo sostituito dall’automazione, gli unici a tenere viva la tradizione della riparazione e del lavoro manuale, almeno nelle grandi metropoli, sono diventati gli stranieri, in buona parte cinesi ma anche sudamericani. Se vi si rompe il vetro dello smartphone state pur certi che il negozio cinese di accessori di computer è in grado di sostituirvelo in due ore, senza farvelo pagare come un cellulare nuovo.
Avete fatto caso poi a quanti negozi di sartoria e piccole riparazioni di cucito sono sorti in ogni angolo della strada gestiti da cinesi? Mentre spariscono le sarte di una volta che ti ricevevano in casa (ricordo da bambina la sarta di mia nonna con tutti i manichini in casa per la messa modello), aprono piccole botteghe dove l’orlo costa 3 euro e far stringere una gonna meno di un gelato.
Lo stesso dicasi per le panetterie e pizzerie, attività faticose, ormai delegate ad arabi ed egiziani, famosi per i loro lieviti, o per le edicole (anche queste sempre meno numerose e gestite da stranieri che spesso non conoscono neppure i nomi delle riviste).
Un’indagine della Camera di Commercio di Milano, Monza e Brianza stima un giro d’affari di 30 miliardi di euro per i cosiddetti mestieri di una volta, attività che interessano 700.000 imprese su scala nazionale che sono gestite in prevalenza da stranieri. Solo la Lombardia ha un giro d’affari pari a 7 miliardi di euro. Quindi del tutto spariti questi mestieri non sono, ma certo si sono perse le lavorazioni artigianali e quella trasmissione di saperi e mestieri che venivano tramandati di generazione in generazione.
Del tema parliamo su Confidenze nel servizio Mestieri antichi pieni d’amore, che riporta quattro testimonianze di donne e uomini che hanno scelto di dedicarsi all’artigianato e al lavoro manuale, recuperando tradizioni del passato, come per esempio l’arte di costruire bambole di legno in Val Gardena o l’arte del tombolo con cui si realizzano centrini e tovaglie. Di questa ho un vivo ricordo: da bambina c’era una vecchia zia che abitava a Cantù, in Brianza, patria del pizzo a tombolo, che lavorava ancora puntando fili e spilli. Guardarla seduta al tombolo era un incanto.
Una delle testimonianze raccolte nel nostro servizio, quella di Federica Silvani, riguarda proprio i gioielli fatti al tombolo. Stefano Novarese invece fila la lana degli alpaca a telaio. Già perché anche la lavorazione della lana è andata scomparendo, relegata ad attività da vecchie signore. Io ho sferruzzato fino ai 16 anni, realizzando maglioni, cappelli e sciarpe sempre sotto la supervisione della nonna, maestra inarrivabile nel “calare” le maglie in modo che giacche e giacconi cadessero alla perfezione. L’ultima volta che ho preso in mano i ferri è stato quando doveva nascere mio figlio quasi vent’anni fa, ma non è detto che un giorno non riprenda.
Insomma c’è tutto un mondo di tradizioni e saperi, legati al territorio, nelle varie Regioni, che è davvero un delitto lasciar andare. Concludo citando il nostro servizio: “Secondo me bisogna reinventare le tecniche del passato per stare nella contemporaneità”. Lo dice Renzo Buttazzo, scultore e artigiano che realizza oggetti di design e sculture. Voi cosa ne pensate?Avete il ricordo di un mestiere artigianale oggi scomparso che vi piacerebbe poter recuperare?
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