storia vera di Niko Peduto raccolta da Marco Angilletti
Nel mio caso non sono mai riuscito a premere il tasto “off” sulla fine della mia fanciullezza. E quando ho capito che volevo continuare a vestire i panni del supereroe e mettermi al servizio dell’umanità, ho scelto una strada alternativa. Se nella vita di tutti i giorni sono un quarantenne professionista, il marito di Rossella e il papà di Nicole, basta indossare il mio amato costume da Spiderman ed ecco che mi trasformo in “Niko Ragno Amiko”, un supereroe sempre pronto a strappare un sorriso ai bambini, soprattutto a quelli negli ospedali. Sono loro, oggi, il mio obiettivo di vita. Insieme a questi pargoli ritrovo me stesso e la mia infanzia.
Sono il quinto di sei figli, nato sotto il segno della Vergine in un giovedì di agosto. Alla mia nascita, mamma Concetta e papà Vito hanno dovuto attendere un po’ prima di portarmi a casa con loro. Venni alla luce nella struttura ospedaliera di Agropoli mentre mia madre era all’ottavo mese di gravidanza e, per una serie di complicazioni, decisero di trasferirmi all’ospedale di Polla. Lì trascorsi intere giornate sotto osservazione. Ero giallo per via dell’ittero, pieno di fasciature, con le flebo ad alimentarmi e la respirazione indotta a soffiarmi un po’ di vita nei polmoni poco sviluppati. Non avevo stimoli, era come se il mio corpo facesse fatica ad adattarsi alla vita fuori dal grembo.
La mia famiglia trascorreva ore davanti a un oblò a guardare quello scricciolo infagottato, picchiettando le dita sul vetro nella speranza che il suono e l’energia del loro amore potessero arrivare fino a me, come un arcobaleno che si irradiava dalle loro mani fino alla mia incubatrice. Ci misi un po’ di tempo a recuperare le forze e a rendermi autonomo nello sviluppo. Quando finalmente la mia culletta varcò le porte di casa, fu una grande festa per tutti.
Ovviamente non ricordo nulla di quel periodo, mi è stato raccontato dai miei familiari. Ogni volta che lo facevano, vedevo nei loro occhi un piglio di malinconia che li riportava indietro a quei giorni terribili in cui il loro bambino lottava per la vita.
Sono davvero cresciuto circondato da tanta felicità.
Facevo il cameriere in un ristorante quando conobbi Rossella. Ricordo tutti quei momenti in cui mi si presentava davanti e mi batteva il cuore. Il locale era di proprietà della sua famiglia e io ci misi un po’ a farle capire che provavo dei sentimenti. Non era facile per me, temevo di rovinare ogni cosa o di fare passi troppo azzardati.
Invece il nostro sogno d’amore ha preso una strada fatta di condivisione, empatia e tanti progetti. Ci siamo sposati, abbiamo preso una casa tutta nostra e iniziato una nuova vita insieme, all’insegna dei valori profondi che le nostre famiglie ci hanno trasmesso.
Era il 3 marzo del 2017 quando l’emozione più bella ha fatto capolino nel mio cuore, la nascita di nostra figlia Nicole.
Un’esplosione di adrenalina e di commozione, anche se a dire il vero mi sono sentito a tratti impotente. Di fronte a una creatura così piccola ti rendi conto che sei tu il suo parafulmine e che sarai responsabile dei suoi giorni a venire, delle sue conquiste come delle sue cadute.
Non ho mai avuto paura delle responsabilità, però un figlio è qualcosa di talmente eccezionale che la terra si sgretola sotto i piedi. In qualunque lavoro ti insegnano a fare le cose per bene e ci riesci, un po’ perché ci sei portato, un po’ perché sei capace a imparare in quattro e quattro otto. Come fare il padre, invece, non te lo insegna nessuno. Sebbene i tuoi genitori e quelli che ci sono passati prima di te ti sommergano di consigli, nessuna pianificazione può esserti utile. I figli sono spighe di grano che rinascono ogni giorno nel tuo cuore, lucenti e tenere come l’alba in cui il sole li ha baciati per la prima volta.
Quando ho tenuto Nicole tra le braccia, un pensiero è andato ai miei genitori e a come debbano essersi sentiti a non potermi tenere stretto al loro petto sin dai primi minuti. Gli stessi pensieri li ho maturati durante la pandemia. Paura, incertezza, sofferenza. Quel periodo ha preso in mano i cuori di tutti, li ha scoperchiati, ha tirato fuori ogni ricordo bello e brutto della nostra esistenza e ce li ha messi davanti su un tavolo, affinché ne prendessimo coscienza e provassimo a riorganizzarli nelle nostre anime. Mi è scattato qualcosa dentro. Per l’ennesima volta ho pensato a quanto possa essere brutto non avere la possibilità di vedere un proprio caro.
«Voglio fare qualcosa per tutti quei bambini costretti a stare in ospedale» ho detto a mia moglie. Una voglia di riscatto cominciava a muoversi dentro di me.
«Sei un superpapà, Niko» mi ha risposto lei con dolcezza.
«E da oggi sarò anche un supereroe». L’idea si è costruita in un attimo nella mia mente: il modo più facile per portare luce ai bambini in un reparto di ospedale è dimostrare loro che anche i supereroi li amano.
Appena la situazione dettata dal Covid è divenuta più gestibile, ho iniziato a prendere contatti con gli ospedali della zona.
Il primo a ospitarmi è stato quello di Battipaglia. Indossato il costume da Spiderman, mi sono recato nel reparto pediatrico, senza varcare la soglia della corsia nel rispetto delle prescrizioni del momento. Da lontano i piccoli mi osservavano e gioivano. «È proprio lui, è Spiderman» diceva qualcuno estasiato. «È venuto a trovarci!».
La mia anima si è riempita di splendore in un attimo. Come avevo fatto a non pensarci prima? Basta veramente poco per seminare buone azioni e levare un po’ di sconforto dalle giornate di chi soffre.
In quel preciso istante in cui i miei occhi hanno incrociato quelli dei piccoli pazienti, ho compreso che quello sarebbe stato solo l’inizio. E così è successo. Dopo la prima esperienza in ospedale, è stato un susseguirsi di incontri. Anche grazie a diverse associazioni che hanno sostenuto la mia idea e alla gente comune che continua a farmi eco con il passaparola, ormai da anni sono “Niko Ragno Amiko”, il supereroe protagonista di una guerra senza violenza che spara buonumore al posto delle ragnatele.
Oggi non sono soltanto gli ospedali ad aprirmi le porte. Lo fanno gli oratori, le scuole, le parrocchie, i centri sociali. Laddove c’è bisogno di portare un sorriso “Niko Ragno Amiko” arriva in un battibaleno. Nulla sarebbe stato possibile senza l’impagabile collaborazione di Rossella e della nostra piccola Nicole. Il tempo che dedico a queste iniziative è tempo sottratto alla mia famiglia, eppure mai loro due mi hanno fatto pesare la cosa, anzi spesso mi accompagnano e sono pure aiutanti perfette, a partire da Nicole che si mette a confezionare i giocattoli da distribuire ai più piccoli. Anche se ci tiene sempre a ribadire a chi appartiene quel supereroe.
«Lui è il mio papà, sai?» dice a tutti orgogliosa. E da quando porto dietro con me una polaroid con cui scatto foto ricordo ai bambini, il primo scatto deve essere obbligatoriamente quello con Nicole! D’altronde è lei che mi ha ispirato un gesto tanto genuino quanto prezioso.
Il mio progetto di vita ha un obiettivo molto semplice: contaminare i cuori invitando ciascuno nel proprio piccolo a mettere in campo azioni che possano trasformare i momenti difficili in ponti di altruismo.
Ci sono riuscito con mio cugino Angelo che, come me, ha scelto questa strada. Lui si traveste da Batman, lo fa prevalentemente in Lombardia dove vive, ma quando ci ritroviamo insieme ci piace fare coppia e portare avanti il progetto “Supereroi in corsia”. Se un solo beniamino riesce a fare conquiste, immaginiamo due insieme cosa possano generare. In alcuni casi il nostro costume è capace di donare una marcia in più nella battaglia contro la malattia; porto sempre nel cuore quel piccolo paziente del Santobono di Napoli che è rimasto così colpito dalla visita di Spiderman che il giorno delle dimissioni ha voluto indossare a tutti i costi anche lui lo stesso vestito.
Lo scorso anno, dalle sapienti mani di mia moglie Rossella e della nostra amica Floriana, è nato un libro autoprodotto che si intitola appunto Niko Ragno Amiko, pagine da leggere e da colorare nella quali vengono raccontati piccoli grandi gesti d’amore. Niko aiuta a dire “no” al bullismo e alla violenza, insegnando il rispetto verso il prossimo, l’amore per la natura e per gli animali, l’importanza dell’amicizia come strumento di cambiamento. Una parte del ricavato, inoltre, serve a finanziare progetti di beneficenza per i bambini del Senegal e iniziative con associazioni e reparti pediatrici.
Mi piace raccontare la mia storia non per mero vanto, anche perché non sono l’unico ad avere avuto questa trovata. Ho il desiderio, però, che tanti altri papà possano seguire la mia idea. Se in ogni parte d’Italia, anche solo nel fine settimana, ci fossero persone disposte a trascorrere del tempo con i bambini meno fortunati o con quelli a cui farebbe bene l’abbraccio di un supereroe, avremmo sicuramente un Paese più felice e più unito. Un bambino dovrebbe piangere solo per un ginocchio sbucciato, mai per malattia o povertà. Non abbiamo il potere di stravolgere le cose, ma il dovere di provarci quello sì, anche fingendoci dei supereroi. D’altronde, lo dico sempre, la vera umanità comincia dalle favole.●
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