Se le mamme single si alleano tra loro è un articolo su Confidenze in edicola adesso in cui si parla delle mommunes. Cioè, delle madri single che scelgono di unire le forze e di vivere tutte insieme per aiutarsi a crescere i figli.
L’idea a me sembra talmente geniale che non dovrebbe essere un’esclusiva delle donne sole. Soprattutto durante l’adolescenza, infatti, avere delle socie con cui spartire la fatica della prole scalmanata e di ardua gestione sarebbe una manna dal cielo.
Purtroppo, quando i miei ragazzi erano nell’età ingrata le mommunes non esistevano ancora. Ripensandoci adesso, però, mi rendo conto che precorrendo i tempi avevano già creato gruppi simili.
Certo, ognuna abitava a casa propria, spesso con il marito accanto. Ma le tempeste ormonali che si erano impadronite dei nostri ragazzi richiedevano un conforto esterno. E nessuno poteva offrirlo meglio di chi doveva affrontare gli stessi problemi. Quindi, ci alleavamo fra di noi.
Così, della serie “mal comune mezzo gaudio”, quando ci confrontavamo scoprivamo che l’atmosfera belligerante non era un’esclusiva delle singole famiglie. Un dettaglio non da poco, che ci permetteva di constatare una grande verità: non avevamo creato dei mostri. Semplicemente, stavamo accompagnando i nostri figli in un percorso di crescita indispensabile per affrancarsi dai genitori.
Sì, ma a che prezzo. A rendere tutto più complicato, poi, c’era il radicale cambiamento della società rispetto ai tempi lontani, quando le gerarchie tra parenti erano ben definite. E l’autorità degli adulti inconfutabile.
Parlo delle nostre adolescenze, durante le quali bastava che la mamma o il papà dicessero qualcosa per farci rigare dritti. E se per caso trovavamo il coraggio di sgarrare (rigorosamente di nascosto), avevamo già inventato fantasiose bugie da tirare fuori per spiegare perché eravamo rientrati tardi. Avevamo preso una multa sul motorino in due. O firmato di mano nostra la giustifica a scuola.
Peccato che noi, genitori moderni, abbiamo voluto cambiare le carte in tavola. Senza sospettare che, improvvisandoci amici dei nostri figli, il gioco si sarebbe fatto duro. Né che proporci loro alleati invece che educatori avrebbe generato una molta confusione.
Per esempio, sui banchi. Dove io e i miei coetanei prendevamo posto intenzionati ad aggiudicarci almeno la sufficienza per evitare ritorsioni domestiche. E dove dimostravamo rispetto anche verso i prof che detestavamo. Non per generosità d’animo o gentilezza, ma perché questo ci era richiesto.
Al giorno d’oggi, invece, i poveri insegnanti sono alla mercé di mamme isteriche convinte che i loro adorati figlioli debbano essere portati in palmo di mano. Oltre che puntualmente scusati (e compresi) nei casi (frequentissimi) di inadempienze.
Un atteggiamento delirante. Tant’è che ora, anche nelle (come si suol dire) migliori famiglie, i piccoletti si sentono legittimati a spadroneggiare e ad assumere comportamenti strafottenti che a noi non venivano neanche in mente. Con nessuno: parenti, docenti, conoscenti.
Morale, i genitori delle ultime generazioni si ritrovano spesso a dover domare orde di selvaggi che hanno inselvatichito loro stessi.
Esagero? Ovviamente sì, ma un fondo di verità in quello che scrivo penso ci sia. Infatti, se guardo i miei figli ormai adulti sono orgogliosissima.
Eppure, quando li ripenso teenager ricordo lo sgomento di fronte al loro radicale e improvviso cambiamento tra l’età in cui stare con noi genitori era il più bel regalo. E quella in cui ci vivevano come ingombranti e detestabili palle al piede.
Ai tempi, fra l’altro, sui giornali non si parlava d’altro che della difficoltà di essere adolescenti. Mentre io avrei voluto leggere le istruzioni per sopravvivere a questi esseri con ombra di baffetti sotto il naso e brufoli pulsanti sotto la pelle. Un desiderio evidentemente comune anche alle altre mamme, tant’è che ci siamo trasformate, appunto, in un affiatato gruppo di mommunes in versione anticipata.
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