Il numero di Confidenze che avete in mano questa settimana è ovviamente molto natalizio. Perché una delle poche cose belle che abbiamo imparato tutti nell’anno che sta per finire è che non esiste nulla, ma proprio nulla in grado di annientare le tradizioni più radicate in ognuno di noi.
La prova è che dopo dieci mesi di vita sconvolta dall’arrivo di un virus tanto sconosciuto quanto inaspettato, aggressivo e crudele, l’essere umano si è piegato a lockdown, smartworking, coprifuoco. Ha rinunciato a vacanze, vita mondana e libertà. Ma non si è fatto portare via la festa più sentita da grandi e piccini. Anzi.
Pur di celebrarla come da consuetudine, la gente si è riversata nei negozi per fare incetta di pacchetti da mettere sotto l’albero. E nei supermercati, dove ha riempito i carrelli come se stesse per scoppiare una guerra. Il tutto, incurante del pericolo di assembramento, del portafoglio smagrito dalle casse integrazioni e dimenticando (fra l’altro) che del 2020 non c’è un beato niente da festeggiare. Se non che sta per volgere al termine.
Il comportamento irresponsabile che sembra sbattersene del periodo storico è stato criticato da molti. A me, invece, più che dalla scelleratezza sembra dettato dalla tenacia nel reagire di fronte a una situazione allucinante che non accenna a migliorare.
Ne sono talmente convinta da credere che questo Natale sia addirittura considerato un’ancora di salvezza alla quale attaccarci per riuscire a sperare in un futuro che ci permetta di tornare a lavorare o cazzeggiare, snobbarci o frequentarci, fare quello che ci viene in mente, insomma, purché finalmente fuori dalle mura domestiche.
Appunto per non soccombere alla claustrofobica vita da Covid, anch’io mi sono ancorata alla tradizione. Festeggiando in anticipo come sempre. Ma se gli anni scorsi lo facevo per arrivare sulle piste da sci qualche giorno prima del carnaio, questa volta è stato solo per fingere che nulla è cambiato, nonostante tutto sia diverso.
Tant’è che in famiglia ci siamo chiesti che senso avesse riunirci il 19, visto che il 24 saremmo stati tutti a Milano. Ma aggiungere un’ulteriore spallata alle nostre abitudini ci sembrava un’idea pessima, in grado solo di disorientarci ancora di più. Perciò, settimana scorsa abbiamo organizzato il consueto Natale in differita.
La novità in quest’anno di novità? Non andando a sciare, il 25 dicembre noi Di Giorgio non avremo l’ombra di un impegno. Tant’è che domani, mentre il mondo si scambierà gli auguri, ci comporteremo come se fosse una giornata qualsiasi.
Anche questo, però, fa parte della nostra tradizione. Perché nei miei Natali in montagna, con pratica scambio-regali già archiviata da almeno una settimana, mentre la gente correva in paese per le ultimissime commissioni io mi apprestavo a entrare in un cinema deserto.
Per ovvi motivi quest’anno (anche) il cinema balzerà. E se è facile che venerdì pranzerò con mamma e figli (abitiamo tutti vicinissimi e non dobbiamo travestirci da sacchi della spazzatura per uscire di casa), di certo in tavola non ci sarà il tipico menù dell’occasione. Perché salmone, paté, le nostre crepes, il panettone e i dolci del Galli li abbiamo già fatti fuori tutti (avanzi compresi).
Ma a voi, che non avete ancora festeggiato, auguro davvero un buon Natale. Che, comunque andrà, sarà inevitabilmente indimenticabile.
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