A Vo’ Euganeo, il paese veneto isolato per primo, il contagio è stato limitato. E si studia il caso per capire come vincere la battaglia. Parla chi è uscito dalla quarantena
di Elena Filini
Loro a casa hanno iniziato a starci prima che nel resto d’Italia. Dal 22 febbraio, per la precisione, Vo’ Euganeo (Pd) è diventato l’unico Comune veneto soggetto a quarantena (insieme a Codogno, in provincia di Lodi). L’immagine del cartello “Vo’ vecchio” con il presidio militare ha trasformato l’epicentro della crisi da coronavirus in una sorta di Wuhan veneto. Militari ai varchi e divieto assoluto di entrata e uscita. Non è stato un isolamento inutile. Per prima cosa il contagio si è fermato a 84 casi. Poi i 3.000 abitanti di Vo’, grazie all’isolamento forzato, sono diventati un laboratorio umano per studiare e provare a sconfiggere il virus. Nelle scorse settimane sono stati effettuati 2.800 tamponi faringei. Poi, dopo due settimane, è stato richiesto di effettuare, questa volta volontariamente, un secondo tampone con le stesse modalità: prelievo in naso e gola. L’Università di Padova, supportata dalla Regione Veneto, sta analizzando i risultati per studiare l’evoluzione e le caratteristiche del virus. Si tratterà del primo studio internazionale sulla storia naturale del Covid-19. Dal confronto tra il “tempo zero” (il momento della prima raccolta di campioni) e il “tempo uno” (il secondo campionamento fatto a fine quarantena) usciranno indicazioni inedite, come il tasso di trasmissione e di mortalità, il rapporto tra positivi sintomatici e non sintomatici, la curva di regressione della malattia e la durata effettiva dell’infezione.
regole e organizzazione «Isolati dal resto del mondo, ma felici di aver contribuito alla ricerca». Mariachiara Peron vive da tre anni con il marito a Vo’ Euganeo, Comune in cui è stato individuato un focolaio di Covid-19. «Il 3 marzo ho festeggiato i 35 anni in quarantena. Niente rose, solo qualche candelina trovata nell’unico supermercato aperto. Poteva andare peggio: avremmo potuto risultare positivi al tampone. Per fortuna l’ isolamento ha permesso di contenere il contagio. Come abbiamo vissuto? Cercando di organizzarci e seguendo nuove regole».
forme di cooperazione Dopo anni di lavoro in una casa editrice, ora Mariachiara è una freelance per progetti di comunicazione. Impiego che, per fortuna, riesce in parte a seguire da casa. Con lei c’è il marito, tecnico informatico. «La quotidianità è scandita dal lavoro al computer, qualche passeggiata e un po’ di lettura. Possiamo andare a fare la spesa e in farmacia con mascherina ed entrate contingentate». Dal suo studio Mariachiara ha seguito le notizie diffuse dalla tivù. «Un paesino semisconosciuto ai piedi dei Colli Euganei diventa il centro del mondo. Si susseguono notizie ufficiali e ufficiose, poi ci sono le opinioni che si trasformano in certezze nella piazza virtuale Vo’informa e la chat WhatsApp dei cittadini. A volte mi sembra che il panico e la sua rappresentazione diventino una forma di intrattenimento, un modo per sentirsi parte di un’esperienza unica». Più utile è stato senza dubbio il fitto scambio d’informazioni pratiche: dove andare a fare la spesa, quando poter andare a fare i tamponi, come contattare il medico di base. Tra “esclusi” nasce, nel bene e nel male, una forma di cooperazione. Perché la quarantena non spegne la socialità. Anzi: la comunità ha adottato cameramen e giornalisti che per documentare la quarantena sono rimasti nel Comune. «Quando abbiamo avuto la certezza di essere negativi al tampone, abbiamo organizzato cene con i nostri vicini. La sera diventava un momento di aggregazione». La famiglia di origine di Mariachiara è stata in ansia: per quasi un mese non hanno potuto che sentirsi al telefono. Oggi tutta l’Italia è zona rossa. Il premier Conte lo ha scandito con chiarezza: «Non c’è più tempo». Dopo quasi un mese di separazione dal resto del mondo, a Vo’ Euganeo è finito l’isolamento serrato. «Ci siamo sentiti un po’ confinati» conclude Mariachiara. «La nostra esperienza dimostra che solo l’isolamento ferma il contagio. Speriamo che presto gli studi a cui ci siamo sottoposti diano i primi risultati». ●
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