Non ho paura della mela né del risotto giallo

Mondo
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In questo mondo sempre più strano c'è chi trema davanti a una mela o a un cucchiaio. Ma davvero possono fare tanta paura?

Ogni giorno può insegnarci qualcosa di nuovo. Questa settimana, per esempio, leggendo l’articolo Che paura quella mela! (su Confidenze in edicola adesso) ho fatto una scoperta assolutamente sbalorditiva. Cioè, che esistono l’anginofobia (la paura di soffocare mangiando alimenti solidi). La lachanofobia (il panico davanti a frutta e verdura). La xantofobia, che spinge a evitare il risotto alla milanese per il terrore del giallo nel piatto.

Il bizzarro elenco continua con la koutaliafobia, scatenata dalla vista dei cucchiai. L’arachibutirofobia, l’orrore per il burro d’arachidi. E altre incredibili stranezze. Che mi hanno spinto a domandarmi come diavolo ci si possa terrorizzare davanti al cibo.

Certo, io sono onnivora e nutro una passione esagerata per la cucina (mi lecco i baffi con tutte, dalla tedesca alla cinese). Inoltre, nonostante sappia riconoscere benissimo una ricetta da mega chef, vado in visibilio anche per quelle scrause e meno riuscite.

Però, dal mio entusiasmo esagerato (reputo il cibo una ragione per la quale vale la pena essere al mondo) all’angoscia di mettersi a tavola, penso che esista una simpatica via di mezzo.

Detto questo, in preda alla curiosità mi sono letta le possibili cause delle fobie sopra citate. Tra le quali compare l’obbligo imposto ai bambini, fin dalla più tenere età, di finire sempre tutto quello che hanno nel piatto.

Ma, scusate, non lasciare neanche una briciolina non è l’insegnamento con cui siamo cresciuti tutti noi? Lo stesso che abbiamo impartito ai nostri figli e quello che ci auguriamo loro trasmettano ai nipoti?

Proseguendo nella lettura, comunque, ho fatto un’altra scoperta: la paura di alcuni alimenti può trovare origini nello stress e nella scarsa autostima. Due informazioni che mi sento in dovere di analizzare.

La prima, con minor veemenza poiché è noto che l’ansia possa chiudere lo stomaco. Peccato, però, che nel mio caso personale lo spalanchi. Tant’è che nei momenti difficili sento il bisogno di buttarmi sulla Nutella, neanche fossi sul set di Bianca, il film di Nanni Moretti.

In effetti, cacciare in bocca cucchiaiate enormi di crema spalmabile mi rassicura. Il che conferma che non sono proprio un tipo a rischio di nutellofobia.

Arrivando all’autostima, invece, mi ha incuriosito la teoria secondo la quale la paura degli alimenti è provocata dall’idea di essere incapaci di fronteggiare le situazioni.

In altre parole, se mangiando una nocciola ognuno di noi ha l’1% delle possibilità che ci vada di traverso strangolandoci, chi non crede in se stesso alza l’irrisoria percentuale a un importante 99. Perciò, starà ben lontano da qualsiasi tipo di frutta secca.

Come commentare? Mi limito a constatare che il mondo è vario. Ma, soprattutto, abitato da personaggi molto particolari. Tra i quali metto al primo posto gli odiatori dei cucchiai, i koutaliafobici.

Dovessi un giorno diventarlo io, già mi vedo in imbarazzo davanti al famoso vasetto di Nutella. Come raccogliere la goduria che contiene, se non con l’apposita posata da girare su se stessa prima di leccarla come un cono da passeggio?

Un incubo pazzesco. Che potrebbe degenerare in tragedia se, nel frattempo, mi trasformassi anche in una gelatopatica. E con questo, vi lascio: vado a mangiucchiare qualcosa prima che sia troppo tardi!

Confidenze