Non tutto il tifo vien per nuocere

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Lo sport fa bene a chi lo pratica. E giova anche a chi lo segue in tivù o allo stadio (quindi, godiamoci le Olimpiadi, adesso in corso). A patto che non diventi una valvola per sfogare rabbia e frustrazioni
Quest’anno tra noi italiani anche chi non è solito tifare o appassionarsi agli eventi sportivi si è ritrovato con gli occhi incollati alle partite di tennis di Jannik Sinner o Jasmine Paolini, due superstar che hanno sbaragliato avversari importanti. Non solo. In questi giorni, le Olimpiadi di Parigi offrono altre occasioni per seguire i nostri atleti del cuore, siano nuotatori o ginnaste, virtuosi del salto o della corsa.Dal punto di vista di chi lo pratica, ogni sport, dal calcio al ciclismo, dal nuoto alla ginnastica, stimola e consente di sviluppare risorse preziose e fondamentali per la conoscenza di se stessi, del proprio corpo, dell’integrazione psicofisica tra mente, corpo e immaginario. Risorse connesse alla verifica delle potenzialità di espressione, confronto, interazione e resistenza prima, dopo e durante le attività fisiche. Praticare uno sport come dilettanti oppure come professionisti costituisce anche un modo di “mettere in scena” emozioni, bisogni, aspirazioni e obiettivi, che vengono espressi durante gli allenamenti e le competizioni di basket come di atletica, di pallanuoto come di tennis.Che cosa succede, invece, quando si è spettatori oppure supporter di un’atleta o di una squadra?Un tifoso s’immedesima in uno sportivo e/o si sente parte di un team, godendo oppure soffrendo per trionfi e sconfitte. Non dimentichiamo, infatti, che le vicissitudini della squadra o dell’atleta del cuore rappresentano gli alti e i bassi, le gratificazioni e le cadute che caratterizzano la vita di ogni essere umano. Bisogna ricordare, però, che l’unica e vera “partita del cuore” per cui bisogna davvero impegnarsi e tifare non è quella che guardiamo in tivù o allo stadio, ma quella che giochiamo personalmente tutti i giorni con forza, dignità, libertà e coraggio: è, insomma, la nostra esistenza. Alcune persone, però, invece di godersi e affrontare ogni attimo (anche quello meno piacevole) della propria quotidianità, sembrano vivere per interposta persona e finiscono per identificarsi in maniera eccessiva con una squadra o uno sportivo. Non a caso, qualche volta si vivono lo sport e le sue manifestazioni anche e proprio come un mezzo per esprimere e sperimentare le emozioni e le situazioni più scomode: frustrazioni, umiliazioni, rabbie, dissensi, violenze. Così, però, il tifo cessa di essere sano e positivo e diventa tossico, pericoloso. Basti pensare a chi individua nella squadra avversaria un nemico scorretto e opprimente che genera ogni tipo di fastidi e malcontenti. In questo modo, si può addirittura arrivare a risse, scontri fisici, atti di vandalismo e di bullismo tra persone che parteggiano per atleti di squadre differenti. Gesti gravissimi e pericolosi, che risultano incomprensibili se si considerano i valori che ogni sport insegna e promuove. Per esempio, il competere ovviamente per vincere, ma con lealtà e senza odio né desiderio di umiliare o distruggere l’avversario. Jasmine Paolini, sportiva tanto forte quando corretta, docet!

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