Se c’è qualcosa di cui credo di essere vagamente dotata è la fantasia. Non abbastanza, però, per arrivare a pensare di andare in un locale completamente svestita. Meno che meno sapendo di arrivare sul posto e trovarlo brulicante di avventori del tutto sconosciuti, anche loro senza uno straccio di abito addosso.
Se non brillo di potenza creativa, come mi è venuta in mente una follia del genere? Semplicemente leggendo l’articolo su Confidenze in edicola adesso, A New York si cena al ristorante. Nudi.
Secondo quello che c’è scritto, l’assurdo nuovo trend pare piacere moltissimo. Soprattutto alle donne. Il che mi fa rendere conto che, oltre ad avere un’immaginazione piuttosto ristretta, sono assolutamente fuori moda.
Mortificata all’idea che le due caratteristiche possano appartenermi, provo allora a fingere di prenotare un tavolo in uno di questi strani locali. E a fantasticare su una mia serata in deshabillé.
Intanto, il mio primo dubbio sarebbe come raggiungere il ristorante. Considerato che ci andrei in moto, dovrei salire in sella completamente biotta tipo Lady Godiva, oppure indossare un pastrano da togliere in tempi sprint dopo aver posteggiato?
E come la mettiamo con le scarpe? Avendo la Guzzi il cambio a pedale, alla meta giungerei con il piede sinistro saccagnato. Il che non è un bel vedere.
Le domande, però, non finiscono qui. Una volta in loco, per esempio, sarebbe sicuro prendere posto su sedute già utilizzate precedentemente da altri o, come nei bagni pubblici, converrebbe stare un po’ sollevata per non avere antipatici e malsani contatti? Una soluzione che mi porterebbe già alla fine dell’antipasto in preda a crampi e mal di schiena.
E poi, tralasciando le questioni tecnico-sanitarie, dove metterei chiavi di casa, cellulare e portafoglio? In una borsina da tenere a tracolla sul corpo ignudo? Oppure sarebbe meglio tenerli in mano e poi schiaffarli sul tavolo come se facessero parte dell’apparecchiatura?
Ed eccoci al capitolo tovagliolo: sinceramente sarei indecisa se legarlo al collo a mo’ di bavaglino o se appoggiarlo sulle ginocchia come suggerisce il bonton. Ma, in entrambi i casi, non interromperebbe il mio look svelato?
Non ne so molto, ma forse l’alternativa è che in cene di questo genere quell’invadente pezzo di stoffa non sia previsto. E che per pulirsi la bocca si usi il vecchio amico braccio, percorrendolo con la bocca dal gomito al polso.
A questi interrogativi, naturalmente si aggiungerebbero quelli classici che noi donne ci facciamo tutti gli anni in vista della prova costume: come reagiranno gli altri clienti alla cellulite incipiente? Al mancato appuntamento con la ceretta? Alla pelle ancora bianca perché siamo solo all’inizio della stagione del sole?
Bah, più ci penso e più mi convinco che l’idea di andare al ristorante nuda sia, per dirla alla Fantozzi, una cagata pazzesca.
E non mi fanno cambiare opinione nemmeno discorsi del tipo “si tratta di un ritorno alle origini” o, peggio, “la nudità parla più di mille parole”.
Anche perché io già parlo a raffica senza lasciare tanto spazio agli altri di inserirsi. Quindi, non ho certo bisogno di rivelare qualcosa in più attraverso il corpo esposto.
Bah, come concludere? Con una bella notizia: al momeno non ho nessuna previsione di viaggi a New York. Perciò, se una di queste sere dovessi andare al ristorante, sappiate che mi vestirò di tutto punto.
Ultimi commenti