Un pomeriggio di tanti anni fa suonai alla porta di casa di mia nonna, per un saluto veloce. Quando lei mi aprì, mi guardò spaesata e poi disse: «Buongiorno signorina, di cosa ha bisogno?».
Stupore, incredulità, rabbia, dolore, rifiuto, sono tante le emozioni che provai in quel momento, e anche se sono passati più di vent’anni le sento ancora sulla pelle. Leggendo su Confidenze di questa settimana la storia vera di Roberta Giudetti “Non mi riconosci più”, mi sono ritrovata, nel bellissimo e umanissimo racconto della protagonista Alice, di nuovo invischiata in quel mix di sentimenti contrastanti.
Ho riletto nella parole di Alice, incapace di sostenere lo smarrimento della madre novantenne, gli stessi sensi di colpa della mia, di madre, quando combatteva impotente contro il dramma di un genitore che non sapeva più chi era, dov’era, e cosa faceva.
L’Alzheimer è una malattia che cancella la persona, la svuota da se stessa, dai ricordi, la isola dal resto del mondo, e per chi assiste impotente a questo lento spegnersi della vita, è uno strazio costante. Anche perché non esiste una cura efficace che contrasti il procedere della malattia.
Gli ultimi dati del Rapporto Mondiale Alzheimer 2015, presentato ieri a Milano in occasione della XXII Giornata Mondiale dell’Alzheimer, stimano in 47 milioni le persone affette da forme di demenza, (che nel 60% dei casi coincide con l’Alzheimer) con un raddoppio previsto ogni 20 anni.
I nuovi casi di demenza sono ogni anno oltre 9,9 milioni, vale a dire uno nuovo ogni 3, 2 secondi. Si tratta quindi di un’emergenza sociale, aggravata dal fatto che l’80% dei malati viene accudito solo dai familiari, con l’assistenza completamente a carico dei parenti. Ci si improvvisa badanti, infermieri e psicologi quando non ci si può permettere di pagare del personale specializzato.
In Italia la demenza colpisce 1.241.000 persone. Fortunatamente negli ultimi anni si è squarciato il velo di vergogna e silenzio che avvolgeva i malati e le loro famiglie (e che io stessa a suo tempo sperimentai) e sono sorte numerose le associazioni di riferimento. Federazione Alzheimer italia, (www.alzheimer.it) è la più grande organizzazione nazionale no profit e riunisce al suo interno le 47 associazioni che operano per creare una rete di aiuto intorno ai malati e ai loro familiari. Tra i servizi attivi c’è Pronto Alzheimer, la linea telefonica (02-809767) che fornisce un primo livello di supporto ai familiari dei malati.
Concludo lasciandovi un brano molto significativo del racconto di Roberta Giudetti, che dovremmo tenere tutti a mente quando sbuffiamo di fronte a un vecchio malato o quando combattiamo ogni giorno con i fantasmi dell’Alzheimer:
“Dove abbiamo lasciato i ricordi belli, dove si sono nascosti? Come se mia madre fosse solo la persona che è oggi, quella che non ti riconosce e che ti caccia via, e non tutto quello che è stata. Dove abbiamo lasciato i ricordi belli, dove si sono nascosti? Quando in questa casa riecheggiavano risate e rumore di stoviglie in festa, tavole imbandite per il pranzo di ferragosto. Quando mia madre cucinava per dodici persone e ribaltava le stanze. Quando teneva testa a tutti e ci mostrava la via per crescere sani e onesti. Tutto spazzato via, tutto dimenticato, come se la demenza senile ci avesse contagiati tutti, figlie, nipoti e pronipoti”.
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