Ritratti di famiglia è un articolo pubblicato su Confidenze in edicola adesso che segnala otto libri incentrati su saghe generazionali (sia vere sia inventate) da leggere tutte d’un fiato.
Da sempre appassionata di vicende personali e intrighi fra parenti di sangue e acquisiti, ho preso nota dei titoli. E poi, ho pensato che forse un giorno scriverò anch’io la mia storia. Che, tra altissimi e bassissimi, potrebbe essere paragonata a Kimga Da. Cioè, all’ottovolante del New Jersey più elevato del mondo.
Nel corso degli anni, infatti, sono scesa a velocità supersonica dalle stelle alle stalle. Ma visto che, per fortuna, sono anche risalita verso gli astri con lo stesso sprint, eccomi qui, oggi, con un baule di dolore sulle spalle, alleggerito da un voluminoso set di borse piene di gioia allo stato puro.
Mi rendo conto di non essere l’unica a “vantare” un’esistenza tanto altalenante, quindi non è di questo che voglio scrivere. Le mie riflessioni, infatti, si concentrano sulle modalità di affrontare i momenti tragici. Sui ricordi di ciò che è stato. E su quanto l’esperienza non sia di particolare aiuto nei periodi bui, neanche quando ti sforzi al massimo per farne tesoro.
Partiamo dall’inizio. Le cose gravi si palesano sempre all’improvviso, gettandoti in un mare di sgomento e incredulità. Dopo qualche giorno, invece, lasciano spazio alla disperazione e all’idea che tutto sia perduto. Così, mentre tu cambi ritmi, speranze, orari e abitudini quasi senza accorgerti, il tempo passa incurante della nuova direzione che che la tua vita prende in modo autonomo e privo di controllo.
Ogni volta, percorrere queste tappe è faticosissimo. La prima, perché si tratta di una novità. La seconda, perché credevi di aver già dato. La terza, perché inizi a chiederti cos’altro ancora può succedere. Eppure, una piccola nota positiva nel susseguirsi dei disastri c’è. Ed è un’importante presa di coscienza: alla fine si riesce comunque a tirare avanti.
Infatti, le fitte lancinanti nel petto diventano una struggente nostalgia. Che, però, continuerà a scorrerti nelle vene, solcando una nuova ruga nel tuo animo e trasformandoti in una persona diversa.
Migliore? Peggiore? E’ tutto da vedere. Di certo, convinta di essere più preparata nell’affrontare un altro eventuale brutto evento. Ma se il destino decide implacabile di riservartelo, è la volta in cui scopri quanto l’esperienza non sia affatto un’arma efficace per difenderti dal dolore.
A entrare in gioco, a questo punto, è una vocina che, pur flebile, ti sprona a rimettere insieme le energie per proseguire nel tuo cammino.
Succede nei Ritratti di famiglie delle saghe letterarie e nella vita reale. Dove, in entrambi i casi, i protagonisti devono destreggiarsi tra parenti amorevoli e serpenti. Costruzioni di imperi finanziari e rovesci economici. Amori travolgenti e passioni spezzate. Amicizie che si consolidano e che si sgretolano. Carriere miracolose e ambizioni infrante. Malanni fastidiosi e patologie gravissime.
La differenza sostanziale è che un libro tanto ricco di avvicendamenti nel giro di una settimana (o di un paio di giorni se salti qualche pagina) rivela la fine della storia, con tutte le sue risposte.
Quello che succede per davvero, invece, può trascinare in un limbo dove, nel tempo rarefatto, si brancola pieni di domande, scaraventati con violenza in un frullato di pensieri rosei e presentimenti plumbei.
Non solo: visto che non è stampata sulla carta, la vita nega la possibilità di lasciare indietro qualche capitolo. Anzi, ti obbliga senza scampo a leggere quello successivo, nonostante l’istinto ti spingerebbe a dare fuoco all’intero volume.
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