Il 10,5% dei ragazzi abbandona la scuola prima del diploma. Maria Rita Parsi commenta su Confidenze questo dato, lanciando un po’ un atto d’accusa al nostro sistema scolastico incapace di infondere nei ragazzi il piacere del sapere e anche quello dello stare insieme ad altri coetanei in quella prima forma di relazione sociale che è la classe. Francamente non mi sento di condannare né professori né allievi, perché come sempre la verità sta nel mezzo, ma è chiaro che qualcosa davvero non funziona. Sono davvero i ragazzi ad abbandonare la scuola o è la scuola ad abbandonare loro?
Lasciando perdere i numerosi episodi di violenza sugli insegnanti a cui abbiamo assistito durante quest’ultimo anno scolastico, mi ha colpito il recente fatto di cronaca avvenuto in un liceo di Venezia durante gli esami di Maturità dove una ragazza, peraltro ammessa con ottimi voti, si è rifiutata di fare l’esame orale leggendo un proclama di protesta, contro la “strage degli innocenti” inflitta alla prova scritta della versione di greco da parte di un commissario esterno. Possibile che 14 studenti abbiano preso l’insufficienza? Possibile che il loro professore non sia riuscito a prepararli a sufficienza dopo cinque anni di versioni e traduzioni? E se una ragazza arriva a fare un gesto del genere all’esame di Maturità, la prova più temuta ma anche più significativa nel percorso di studi di un ragazzo, quella che apre le porte all’età adulta, non ci sarebbe da domandarsi perché e correre ai ripari? È solo un gesto inconsulto ed arrogante? Non credo proprio. Se si è disposti a uscire con un voto più basso pur di difendersi da ciò che si ritiene essere un sopruso forse sarebbe il caso di farsi un esame di coscienza. Invece vedo che l’episodio è stato frettolosamente archiviato per lasciare il passo all’estate che incombe.
Ieri sera sono stata a cena con il gruppo degli ex compagni di liceo, sono passati più di 40 anni dalla nostra Maturità eppure quegli anni hanno lasciato in noi un segno indelebile, e spesso durante queste cene ci si ritrova a ricordare episodi di vita scolastica, interrogazioni finite in scena muta, versioni di greco o di latino tradotte in modo rocambolesco. Ognuno di noi ha preso la sua strada, ma quegli anni hanno cementato qualcosa, la condivisione delle ore di studio, i compiti a casa dell’uno o dell’altro, le piccole sconfitte o i bei voti insperati, certo allora non c’erano i social, i pomeriggi li passavi al telefono a dettare i compiti alla compagna svogliata e mettici anche che negli ultimi anni abbiamo avuto il Covid e la didattica a distanza, ma credo che tutto ciò non possa giustificare l’allontanamento dei più giovani dalla scuola; la ricchezza dello stare insieme in una classe per cinque ore tutti i giorni penso non sia lontanamente paragonabile allo scambio di like sotto l’ennesima fotina.
È questa la ricchezza da difendere e promuovere, aumentando come dice Maria Rita Parsi, il tempo trascorso a scuola, con laboratori e iniziative che coinvolgano i ragazzi nello studio perché nessuno davvero possa essere lasciato solo.
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